Dettaglio legge regionale

Dettaglio legge regionale
Titolo Premialità nelle procedure di aggiudicazione di contratti pubblici per le imprese resistenti alla criminalità organizzata.
Regione Calabria
Estremi Legge n. 51 del 29-11-2023
Bur n. 260 del 29-11-2023
Settore Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. 25-01-2024 / Non impugnata
La legge regionale, che prevede “Procedure di aggiudicazione di contratti pubblici per le imprese resistenti alla criminalità organizzata”, è censurabile, con riferimento all’articolo 1, che, per le motivazioni di seguito specificate, si pone in contrasto con gli articoli 11 e 117, commi primo e secondo, lett. e), con particolare riferimento alla "tutela della concorrenza", della Costituzione, nonché con gli articoli 3, 49 e ss., 101, 102, 106 del TFUE e degli articoli 18 e 67 della Direttiva 2014/24/UE.

L’ articolo 1 della legge regionale in esame dispone che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti operanti nel territorio regionale prevedano nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti per l'aggiudicazione di contratti pubblici, l'assegnazione di un punteggio aggiuntivo, pari al 10 per cento del parametro numerico finale, alle imprese che attestano, in capo al titolare o a uno dei soggetti individuati facenti capo all’impresa stessa, di essere stati vittime di atti di criminalità organizzata, fatti usurari ed estorsivi o di aver assunto nei procedimenti penali ad essi relativi il ruolo di testimoni di giustizia. Detta premialità è riconosciuta dalla Regione e dagli enti del sistema regionale anche in sede di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi finanziari e attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.
La descritta disposizione legislativa interviene nel settore degli appalti, recentemente riformato con l'emanazione del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “delega al Governo in materia di contratti pubblici”), che contiene la disciplina degli appalti di lavori, servizi e forniture e la conseguente regolamentazione delle procedure di affidamento e aggiudicazione. La disciplina degli appalti costituisce, indubbiamente, una declinazione della più ampia regolamentazione della concorrenza degli operatori economici sul mercato, costituente da sempre principio cardine in tema di contratti pubblici; anche oggi l'articolo 1 del codice citato, informato al nuovo "principio del risultato", ne ribadisce infatti la centralità affermando che «le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell'affidamento del contratto e dalla sua esecuzione con la massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza». Ebbene, la tutela della concorrenza rientra, come noto, fra quelle attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, secondo la previsione dell'articolo 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione.
La Corte costituzionale ha costantemente affermato che la nozione di concorrenza, di cui alla citata norma costituzionale, riflette quella operante in ambito europeo, e comprende sia «le misure legislative di tutela in senso proprio, intese a contrastare gli atti e i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati, sia le misure legislative di promozione, volte a eliminare limiti e vincoli alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese (concorrenza nel mercato), ovvero a prefigurare procedure concorsuali di garanzia che assicurino la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici (concorrenza per il mercato). In questa seconda accezione, attraverso la "tutela della concorrenza ", vengono perseguite finalità di ampliamento dell'area di libera scelta dei cittadini e delle imprese, queste ultime anche quali, fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi (sentenze n. 299 del 2012 e n. 401 del 2007) (sentenza n. 137 del 2018).» (così la sentenza n. 4/2022).
Nella nozione di tutela della concorrenza per il mercato, la Corte ha incluso «la disciplina delle procedure di gara, la regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione» in quanto volte a realizzare la più ampia apertura del mercato nel settore degli appalti, ritenendo che le stesse siano dunque riconducibili «all'ambito della tutela della concorrenza, di esclusiva competenza del legislatore statale [ ... ] costituendo esse uno strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza in modo uniforme sull'intero territorio nazionale (sentenze n. 39 del 2020, n. 28 del 2014, n. 339 del 2011, n. 1 del 2008 e a 401 del 2007). »
In base ai principi sinteticamente richiamati, il Giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 75 della legge reg. Piemonte n. 15 del 2020, che attribuiva la possibilità di prevedere criteri premiali di valutazione delle offerte a favore degli operatori economici che si fossero impegnati ad utilizzare, in misura prevalente, manodopera o personale a livello regionale. È stato valutato, infatti, che la norma incidesse sulle condizioni di accesso al mercato, producendo effetti diretti sull'esito delle gare e, indirettamente, sulla scelta degli operatori economici in ordine alla partecipazione alle stesse.
L'alterazione delle condizioni di accesso al mercato regionale dei contratti pubblici è stata, pertanto, ritenuta in contrasto con l'esigenza di assicurare procedure di evidenza pubblica uniformi su tutto il territorio nazionale, necessità fondante l'attribuzione alla competenza esclusiva dello Stato dell'esercizio della potestà legislativa in materia di tutela della concorrenza.
In considerazione della descritta giurisprudenza costituzionale, dunque, la norma regionale in esame, prevedendo l'assegnazione di un punteggio aggiuntivo a favore degli operatori economici attestanti di essere vittime di atti di criminalità organizzata, fatti usurari ed estorsivi, risulta intervenire, con evidenza, sulle condizioni di accesso al mercato. La previsione dell'introduzione di tale requisito nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti per l'aggiudicazione dei contratti pubblici, per l'attribuzione di una premialità, determina inevitabilmente un dislivello di regolazione, nella misura in cui, a parità di condizioni economiche e qualità delle offerte nell'ambito di procedure per l'affidamento di lavori, servizi o forniture, nella sola Regione Calabria vengono privilegiate quelle provenienti da imprenditori rientranti nella categoria individuata.
Il medesimo favor, teso a "compensare" le condizioni di svantaggio da cui partono imprenditori vittime di gravi reati, non trova invece applicazione sul restante territorio nazionale. La misura introdotta, per la sua portata intrinsecamente regionale, è suscettibile di determinare dunque disparità nelle condizioni di accesso al mercato, incidendo direttamente sulla materia della concorrenza.
La sintesi di interessi realizzata dalla norma regionale richiede, allora, la prospettiva sinottica che la Costituzione rimette allo Stato, in quanto la tutela della concorrenza non può essere fatta per zone, per sua «per sua natura, non può tollerare differenziazioni territoriali, che finirebbero per limitare, o addirittura neutralizzare, gli effetti delle norme di garanzia» (sentenza n. 443 del 2007). “Solo allo Stato spetta la facoltà di adottare, in esito al bilanciamento tra l'interesse alla concorrenza e altri interessi pubblici e nell'ambito di una disciplina uniforme per l'intero territorio nazionale, eccezionali restrizioni al libero accesso degli operatori economici al mercato, che, ove disposte da differenti normative regionali, sarebbero suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali." (cfr. C. Cost., sentenza 7 novembre 2013, n. 259)
Il criterio premiale introdotto dall'articolo 1 della legge regionale in esame, risulta restrittivo della concorrenza nella misura in cui non favorisce la più ampia partecipazione possibile dei potenziali operatori economici interessati, ponendosi in contrasto con i principi di non discriminazione e parità di trattamento.
Va ricordato, che nel nuovo codice dei contratti pubblici il legislatore nazionale si è dato carico del bilanciamento tra concorrenza e assetti relazionali tra imprenditori e criminalità, prevedendo, all'articolo 222 la rilevazione di comportamenti aziendali meritevoli di valutazione al fine dell'attribuzione del rating di legalità delle imprese (introdotto dall'articolo 5-ter del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), elemento che concorre alla determinazione della reputazione dell'impresa.
Lo stesso Codice dei contratti pubblici non esclude la possibilità che le procedure relative agli affidamenti possano prevedere, nel bando di gara, nell'avviso o nell'invito, criteri premiati. Nello specifico sono previsti, all’articolo 108, comma 7, criteri atti a favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese nella valutazione dell'offerta e a promuovere, per le prestazioni dipendenti dal principio di prossimità per la loro efficiente gestione, l'affidamento ad operatori economici con sede operativa nell'ambito territoriale di riferimento, nonché un maggior punteggio da attribuire alle imprese per l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere. Ulteriori criteri premiali sono previsti anche nell'Allegato 11.3 del medesimo Codice, fissando criteri orientati a promuovere l'imprenditoria giovanile, l'inclusione lavorativa delle persone disabili, la parità di genere e l'assunzione di giovani, con età inferiore a trentasei anni, e donne.
La norma regionale in esame introduce però un criterio ulteriore rispetto a quelli previsti dal codice dei contratti, che si prefigge un duplice intento. Da un lato, nel prevedere un vantaggio in favore di coloro che siano stati vittime di atti di criminalità organizzata, stabilisce una sorta di forma risarcitoria da parte delle istituzioni, favorendoli nelle gare di appalto. Dall'altro, si pone come una forma di incentivo alla legalità laddove prevede che lo stesso premio è previsto per coloro che hanno "assunto nei procedimenti penali ad essi relativi il ruolo di testimoni di giustizia".
L'introduzione di un criterio premiale consistente (10%), obbligatorio per le stazioni appaltanti operanti nel territorio regionale, in favore dei soggetti sopra indicati, di fatto finisce per penalizzare tutti gli altri soggetti che non abbiano i requisiti previsti dalla legge regionale in argomento ma che, in astratto, abbiano le competenze tecniche e professionali per l'aggiudicazione della gara.
Il Codice già prevede disposizioni restrittive in materia di esclusione dalle procedure d'appalto per tutti i soggetti che siano stati destinatari dei provvedimenti di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall'articolo 67 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all'articolo 84, comma 4, del medesimo codice.
La disposizione risulta dunque lesiva dei principi del diritto dell'Unione europea e di quelli di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, di cui al citato articolo 108, comma 7, nonché del citato Allegato 11.3 (articolo 1, comma 4)del Codice del Codice dei contratti, secondo cui il contenuto delle clausole premiali è determinato tenendo, tra l'altro, conto dei principi di libera concorrenza, proporzionalità e non discriminazione, nonché dell'oggetto del contratto, della tipologia e della natura del singolo progetto in relazione ai profili occupazionali richiesti, dei principi dell'Unione europea, degli indicatori degli obiettivi attesi in termini di occupazione femminile e giovanile e di tasso di occupazione delle persone disabili al 2026, anche in considerazione dei corrispondenti valori medi nonché dei corrispondenti indicatori medi settoriali europei in cui vengono svolti i progetti. La previsione normativa della legge regionale, invece, stabilisce l'adozione del criterio premiale indistintamente a tutte le procedure di appalto, senza, peraltro, lasciare margini di discrezionalità alle stazioni appaltanti.

In conclusione, alla luce delle predette considerazioni, l'articolo 1 della legge regionale in esame è censurabile dinnanzi alla Corte costituzionale, per violazione degli articoli 11 e 117, commi primo e secondo, lettera e), con particolare riferimento alla "tutela della concorrenza", della Costituzione, nonché degli articoli 3, 49 e ss., 101, 102, 106 del TFUE e degli articoli 18 e 67 della Direttiva 2014/24/UE.

La norma regionale citata deve quindi essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione
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