Dettaglio legge regionale

Dettaglio legge regionale
Titolo Norme in materia di solidarietà internazionale e crisi umanitarie
Regione Veneto
Estremi Legge n. 3 del 12-02-2024
Bur n. 21 del 13-02-2024
Settore Politiche socio sanitarie e culturali
Delibera C.d.M. 15-04-2024 / Non impugnata
La legge della Regione Veneto n. 3 del 12 febbraio 2024, recante “Norme in materia di solidarietà internazionale e crisi umanitarie”, presenta profili di illegittimità costituzionale, con riferimento agli articoli 1 e 2, in quanto, ponendosi in contrasto con la normativa statale di riferimento, viola la competenza statale esclusiva in materia di “politica estera” di cui all’art. 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione, nonché i principi fondamentali nella materia della protezione civile ex art 117, terzo comma , Cost., non avendo il legislatore regionale subordinato la disciplina delle iniziative di solidarietà internazionale di cui ai citati articoli 1 e 2 all’osservanza della legge 1 agosto 2014, n. 125 “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo” né all’osservanza degli articoli 3,8 e 29 del decreto legislativo n. 1/2018 recante il “Codice della protezione civile”.

Nello specifico, la normativa regionale in esame disciplina le iniziative di solidarietà internazionale per attenuare le sofferenze delle popolazioni di Paesi teatro di eventi bellici o di catastrofi naturali, limitandosi a precisare, in termini generici, che tali interventi avverranno "coerentemente agli indirizzi nazionali di politica estera" (articolo 1).
Detto intervento normativo, omettendo di indicare la normativa statale di riferimento in cui inquadrare gli interventi regionali di solidarietà internazionale, meramente attuativi della cooperazione internazionale decisa a livello statale, si pone quindi volutamente fuori dell'ambito della normativa nazionale in materia di cooperazione allo sviluppo e sembra voler creare un'autonoma e nuova categoria di interventi (peraltro non definita) denominati "solidarietà internazionale".
Con l'articolo 1 la regione si attribuisce infatti una potestà a "disciplinare" un determinato ambito di attività, implicitamente rivendicando il potere di definire ciò che è cooperazione allo sviluppo e che cosa non lo è e, conseguentemente, che cosa rientra nella politica estera e che cosa invece non vi rientra.
Ne consegue che tale disposizione si pone in contrasto con la competenza esclusiva statale in materia di politica estera.
Secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale, infatti, "ogni attività di cooperazione internazionale delle Regioni esprime necessariamente ed inevitabilmente una linea politica ed è perciò di per sé lesiva della riserva statale in materia di politica estera, di cui all'articolo 117 secondo comma, lettera a), della Costituzione" (sent. 285/2008). A tal fine, non è sufficiente il richiamo generico al "rispetto degli indirizzi di politica estera dello Stato" contenuto all'articolo 1, in quanto la Corte ha ritenuto una simile previsione "non idonea a salvaguardare le prerogative dello Stato in materia di politica estera" (sentenze n. 285 e 131 del 2008 e n. 211 del 2006).
D'altronde, la nozione di solidarietà internazionale è espressamente ricondotta, mediante la sua menzione all'articolo 1, comma 4, della legge n. 125 del 2014, alle finalità e ai contenuti della “cooperazione allo sviluppo”. Quanto al "soccorso e all'assistenza delle popolazioni e al rapido ristabilimento delle condizioni necessarie per la ripresa dei processi di sviluppo" nei contesti di crisi di origine naturale o antropica, essi sono oggetto di espressa regolazione all'articolo 10 della suddetta legge. In base alle regole internazionalmente accettate in materia, adottate dal Comitato per l'aiuto allo sviluppo (DAC) dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), gli interventi di aiuto umanitario consistono in progetti di solidarietà internazionale svolti in teatri di guerra o in aree colpite da calamità naturale. Detti interventi sono pacificamente ricondotti all'attività di aiuto pubblico allo sviluppo, in quanto i primi soccorsi o, in caso di crisi protratte, anche l'attività di sostegno umanitario sono tesi a ristabilire le condizioni minime per l'avvio o la ripresa del percorso di sviluppo. Gli interventi di solidarietà umanitaria sono pertanto inclusi nelle statistiche nazionali e internazionali in materia, concorrendo alla formazione dell'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Italia e di ciascun altro Stato appartenente a tale organizzazione internazionale. In altri termini, non sembra sufficiente l'utilizzo di un'espressione linguistica formalmente diversa dalla locuzione "cooperazione allo sviluppo" per consentire di escludere l'ambito individuato dalla Regione per il proprio intervento normativo dalla competenza statale esclusiva in materia di politica estera.

Problematico risulta anche l'articolo 2, che descrive gli interventi di solidarietà oggetto dell'intervento regionale e le modalità di attuazione. La Corte Costituzionale ha infatti più volte affermato che "sono lesive della competenza statale in materia di politica estera le norme regionali che prevedano, in capo alla Regione, il potere di determinazione degli obiettivi della cooperazione internazionale e degli interventi di emergenza ed il potere di individuazione dei destinatari dei benefici sulla base di criteri fissati dalla stessa Regione. Tali norme, infatti, implicando l'impiego diretto di risorse, umane e finanziarie, in progetti destinati a offrire vantaggi socio-economici alle popolazioni e agli Stati beneficiari ed entrando in tal modo nella materia della cooperazione internazionale, autorizzano e disciplinano attività di politica estera" (sentenze n. 285 e 131 del 2008 e n. 211 del 2006).
La Corte Costituzionale, con riferimento ad analoghe iniziative previste dalla regione Calabria, ha statuito che "rientrano [ ... ] nella politica estera dello Stato, come iniziative di cooperazione, sia la fornitura di materiali di prima necessità e attrezzature alle popolazioni colpite, implicando delle scelte nella individuazione delle popolazioni da aiutare (si pensi al conflitto armato tra due Stati); sia la collaborazione tecnica, anche mediante l'invio di personale regionale, ed eventuale coordinamento delle risorse umane messe a disposizione da associazioni, istituti, enti pubblici o privati, che presuppone la scelta delle aree geografiche e delle popolazioni cui offrire la collaborazione tecnica; sia il sostegno a Enti che operano per finalità di cooperazione umanitaria e di emergenza; sia, infine, la raccolta e la costituzione di fondi, con la promozione di pubbliche sottoscrizioni di denaro da far affluire su apposito capitolo di bilancio per interventi a favore delle popolazioni colpite da emergenze" (sentenza n. 131 del 2008).
Identica natura hanno le attività volte "a fronteggiare situazioni eccezionali causate da calamità naturali, conflitti armati e processi di pacificazione, situazioni di denutrizione o gravi carenze igienico-sanitarie e, pertanto, attribuiscono alla Regione una larga autonomia nell'individuazione dei Paesi beneficiari e nella definizione delle iniziative da attuare" (sentenza 285 del 2008).
La circostanza, poi, che la Regione promuova o attui iniziative di "solidarietà internazionale attivate da organismi pubblici internazionali" (art. 2), senza una previa intesa col Governo nazionale, risulta comunque potenzialmente lesivo della competenza statale in materia di politica estera. Come chiarito dalla Corte Costituzione nella sentenza 285/2008, "la circostanza per la quale l'iniziativa di cui di volta in volta si tratti sia stata promossa da singoli Stati esteri ovvero da organizzazioni internazionali non esclude affatto il rischio che essa sia in contrasto con la politica estera dello Stato italiano, il quale ben può avere obiettivi diversi da quelli perseguiti da quegli altri Stati o da quelle organizzazioni internazionali".
Sotto ulteriore profilo, il disposto degli articoli 1 e 2 in argomento, disciplina attività che pure dando luogo a rapporti di cooperazione internazionale, interessano la materia della protezione civile, integrando azioni dirette alla gestione delle emergenze – derivanti da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo – e al loro superamento, con conseguente integrazione degli estremi propri dell’azione di protezione civile ai sensi del combinato disposto degli articoli 1, comma 1, e 2, comma 1, decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1/18, recante il Codice della protezione civile.
Anche la specifica di cui al comma 2 dell’art 2 della legge regionale in argomento, che abilita la Giunta regionale, d’intesa con le autorità competenti, a fornire, anche direttamente, beni e attrezzature, nonché personale specializzato, sia volontario che messo a disposizione da soggetti pubblici e privati veneti, si inserisce nel più ampio spettro delle azioni di protezione civile, che si svolgono attraverso l’impiego di qualificate risorse umane e strumentali (cfr. art. 29 D.lgs. n.118 che, proprio in relazione alle operazioni di emergenza in ambito internazionale e al meccanismo unionale di protezione civile, valorizza l’impiego di moduli, mezzi, attrezzature ed esperti qualificati, a conferma di come l’utilizzo di tali risorse sia essenziale per fronteggiare le emergenze).
L'articolo 29, appena citato, regola la "Partecipazione del Servizio nazionale alle operazioni di emergenza in ambito internazionale e al meccanismo unionale di protezione civile": in particolare, al comma 1, terzo periodo, si prevede che "D'intesa con il Dipartimento della protezione civile e con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possono prestare soccorso ad enti territoriali esteri con i quali abbiano costituito, nel rispetto degli articoli 46, 47 e 48 della legge 7 luglio 2009, n.88, un gruppo europeo di cooperazione territoriale, anche in assenza dei provvedimenti di cui agli articoli 24 e 25”.
Inoltre, l’art. 3 del decreto legislativo del 2 gennaio 2018, n. 1, al comma 1, lettera a), qualifica il Presidente del Consiglio dei ministri come autorità nazionale di protezione civile e titolare delle politiche in materia; al comma 2, lettera a), prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, avvalendosi del Dipartimento della protezione civile, esercita la funzione di indirizzo e coordinamento del Servizio nazionale e per assicurare l'unitaria rappresentanza nazionale presso l'Unione europea e gli organismi internazionali in materia di protezione civile, ferme restando le competenze del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Anche l'articolo 8 valorizza le funzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, attraverso l'avvalimento del Dipartimento della protezione civile, di coordinamento della partecipazione del Servizio nazionale alle politiche di protezione civile dell'Unione europea in qualità di autorità competente ai sensi dell'articolo 29 della decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 ed il coordinamento delle operazioni del Servizio nazionale in occasione di emergenze all’estero, in via bilaterale o nel quadro dell’azione dell’Unione Europea e degli organismi internazionali, per assicurare l’assistenza e il soccorso alle popolazioni colpite, con le modalità di cui all’art. 29 cit. e ferme restando le competenze in materia del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Lo stesso articolo 8 valorizza, altresì, le funzioni presidenziali di formulazione delle richieste di assistenza internazionale all'Unione europea o alla comunità internazionale per integrare l'intervento del Servizio nazionale.
Dall’ordito normativo sopra richiamato emerge, dunque, un'apposita disciplina che, da un lato, attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri la titolarità delle politiche in materia di protezione civile, anche in ambito internazionale (ferme rimanendo le competenze del MAECI), dall'altro, delinea i casi e le forme in cui è ammesso il concorso regionale in azioni internazionali di protezione civile, attraverso:
- l'imposizione della previa intesa con le autorità statali competenti (Presidente del Consiglio dei ministri, Dipartimento della protezione civile e Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale);
- la specificazione dei soggetti suscettibili di essere beneficiati dall'intervento regionale, individuati negli enti territoriali esteri con i quali le regioni abbiano costituito un gruppo europeo di cooperazione territoriale;
- la prescrizione delle formalità da osservare per addivenire alla costituzione di tali gruppi territoriali. Trattasi di disciplina specificatamente rilevante in relazione all'intervento estero regionale regolato dalla legge in oggetto.
L’art 117, ultimo comma della Costituzione, nell’attribuire alla Regione il potere di “concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato”, pone quali limiti, i “casi” e le “forme” disciplinati da leggi dello Stato, occorrendo che l’ambito ( i “casi”) e le modalità ( le “forme”) di intervento regionale siano, anziché autodefinite dalla Regione, predeterminate con legge statale; ciò, al fine di salvaguardare la competenza statale esclusiva in materia di “politica estera e rapporti internazionali dello Stato”.
Sul punto la Corte costituzionale ha chiarito come "devono dunque ritenersi lesive della competenza statale in materia di politica estera le norme regionali che prevedano, in capo alla Regione, il potere di determinazione degli obiettivi di cooperazione internazionale e di interventi di emergenza nonché dei destinatari dei benefici sulla base di criteri fissati dalla stessa Regione. Tali norme, infatti, implicando l'impiego diretto di risorse, umane e finanziarie, in progetti destinati a offrire vantaggi socio-economici alle popolazioni e agli Stati beneficiari ed entrando in tal modo nella materia della cooperazione internazionale, finiscono con l'autorizzare e disciplinare una serie di attività di politica estera, riservata in modo esclusivo allo Stato" (Corte costituzionale, 14 maggio 2008, n. Del resto, la stessa ammissibilità di un "potere estero" in capo alle Regioni è subordinata, tra l'altro, alla "possibilità effettiva di un controllo statale sulle iniziative regionali, al fine di evitare contrasti con le linee della politica estera nazionale" (Corte costituzionale, sentenza 19 luglio 2004, n. 238).
Ne deriva che la Regione non potrebbe, in via legislativa (e, dunque, unilaterale), definire l'ambito e le modalità del proprio intervento estero, trattandosi di elementi costitutivi della politica estera rimessi alla competenza esclusiva legislativa statale.
Il secondo limite, che la Regione è tenuta a rispettare nell'esercizio del proprio potere estero, afferisce alla materia concretamente rilevante. L'articolo 117, ultimo comma, Costituzione, infatti, attribuisce una competenza estera alla Regione soltanto "[n]elle materie di sua competenza", imponendo, per l'effetto, una verifica sulla riconducibilità della materia in concreto rilevante alla sfera di attribuzioni regionali, nonché, in caso affermativo, sull'afferenza della materia ad una competenza concorrente o ad una competenza residuale regionale.
La Regione, difatti, nell'esercizio del potere estero e, dunque, nell'intrattenere rapporti con organismi esteri e, ancor prima, nel regolare le relative fattispecie, non soltanto è tenuta ad assicurare la coerenza della propria azione con la politica estera statale - attraverso l'osservanza della disciplina statale, che definisce in via generale i casi e le forme di conclusione di accordi o intese estere - ma è anche chiamata a rispettare i vincoli interni comunque gravanti sull'esercizio della propria potestà.
In particolare, qualora la materia in rilievo sia riconducibile alla competenza concorrente tra lo Stato e le Regioni, il rispetto dei principi fondamentali dettato con legge statale si impone non soltanto per l'intervento nazionale, ma anche per quello estero, comunque regolato (in applicazione del principio di legalità) da una legge regionale soggetta al disposto dell'articolo 117 Cost.
In entrambe le ipotesi, difatti, emergono quelle esigenze di uniforme regolazione, proprie delle materie di competenza concorrente, che impongono di assoggettare la disciplina di una data materia a principi comuni, evitando ingiustificate disparità di trattamento secondo valutazioni particolari del singolo ente regionale procedente.
La Regione, in definitiva, così come non potrebbe discostarsi nella regolazione di fattispecie "interne" dai principi fondamentali dettati con legge statale, parimenti, non potrebbe improntare la propria azione estera a principi difformi da quelli definiti con legge statale: l'azione estera in una materia di competenza concorrente deve, comunque, essere disciplinata da una legge regionale sottoposta al dettato dell'articolo 117 Cost. e, dunque, anche a quei principi fondamentali che lo Stato è competente a stabilire per esigenze di uniforme trattamento giuridico di tutti i soggetti interessati dall'esercizio del potere (interno ed estero) regionale.
Ciò rilevato, con riguardo alla materia della protezione civile, espressamente elencata al comma 3 dell'articolo 117 Costituzione, le Regioni sono tenute a conformarsi al decreto legislativo n. 1 del 2018 sopra citati, le cui norme “costituiscono principi fondamentali in materia di protezione civile ai fini dell’esercizio della potestà legislativa concorrente “( art. 1, comma 3, d.lgs. n. 1 del 2018).
Un’azione regionale in territorio estero non potrebbe svolgersi e, ancora prima, nè potrebbe essere regolata da una legge difforme rispetto alle norme codicistiche, con particolare riferimento agli articoli 3, 8 e 29, altrimenti integrandosi la violazione di un principio fondamentale ex art. 117, terzo comma, Cost.
Nel caso di specie, in primo luogo, la legge in oggetto, agli articoli i e 2, nel disciplinare interventi di cooperazione internazionale nella materia della protezione civile, pure richiamando gli indirizzi nazionali di politica estera e i principi fondamentali di cui all'articolo 5, comma 5, dello statuto regionale (all'articolo 1) e prescrivendo l'intesa con le autorità competenti (all'articolo 2), non ha limitato la possibilità di intervento estero alle fattispecie regolate dall'articolo 29 decreto legislativo n.1 del 2018, provvedendo, di contro, a rimettere alla Giunta regionale la definizione delle iniziative di solidarietà internazionali suscettibili di essere assunte.
È la Regione, dunque, che autodetermina gli interventi di emergenza e i destinatari dei benefici sulla base di proprie politiche, nell'ambito di iniziative attivate da organismi internazionali.
Tali iniziative, peraltro, potrebbero afferire anche ad ambiti territoriali o ad ipotesi di intervento ulteriori rispetto a quelli regolati dall'articolo 29, comma I, del decreto legislativo n. 1 del 2018, con conseguente emersione di una disciplina regionale che legittima interventi regionali anche eccedenti i limiti posti con legge statale. Sussiste, per l'effetto, la violazione di un principio fondamentale cogente nella materia protezione civile, inverato nella norma interposta di cui all'articolo 29 cit., che già circoscrive i casi in cui è ammesso un intervento regionale di solidarietà internazionale, con la prescrizione di limiti soggettivi (in relazione agli organismi con cui intrattenere i rapporti di cooperazione) e procedurali (in relazione alla necessaria costituzione di gruppi europei di cooperazione territoriali) dalla legge in oggetto disattesi.
In secondo luogo, la legge regionale (agli articoli i e 2), disciplinando unilateralmente le iniziative di solidarietà internazionale, anche a fini promozionali, nonché - in diretto rapporto con gli Stati esteri - le attività di soccorso attraverso la fornitura di beni, attrezzature e personale specializzato, impedisce un coordinamento unitario delle azioni di protezione civile, ponendosi, per l'effetto, anche in contrasto (oltre che con l'articolo 29) con gli articoli 3 e 8 del decreto legislativo n. 1 del 2018, che devolvono al Presidente del Consiglio dei ministri la titolarità delle politiche di protezione civile e, dunque, la potestà di definire quelle ipotesi di intervento che risultano nella specie, invece, auto-regolate dal legislatore regionale.
Non potrebbe argomentarsi diversamente valorizzando lo strumento dell'intesa con le autorità competenti nonché il rinvio agli indirizzi nazionali di politica estera e ai principi contenuti all'articolo 5, comma 5, dello Statuto del Veneto, pure richiamati dalla disciplina regionale.
Quanto all'intesa, trattasi di condizione di legittimità necessaria, ma non sufficiente.
Nella materia della protezione civile l'intesa, infatti, è necessaria per lo svolgimento delle competenze attribuite (e circoscritte) dalla normativa positiva, al fine di assicurare la leale collaborazione dello Stato e della Regione in materie di comune competenza: ciò, tuttavia, non elimina la necessità che la normativa positiva (regionale), ancor prima di prevedere l'intesa come strumento di concreta operatività, sia essa stessa rispettosa dei principi fondamentali dettati dal legislatore statale e, per l'effetto, con riguardo alla materia della protezione civile, osservi le disposizioni del decreto legislativo n. i del 2018.
La legge regionale, in altri termini, non avrebbe potuto limitarsi alla previsione dell'intesa con le autorità competenti, ma avrebbe dovuto, ancor prima, circoscrivere il proprio ambito di intervento nei limiti previsti dagli articoli 3, 8 e 29 del decreto legislativo n. 1 del 2018: soltanto una volta richiamati e rispettati tali confini generali e astratti, la concreta decisione di intervento estero avrebbe potuto essere subordinata all'intesa con le autorità statali competenti, al fine di permettere di valutare, in concreto, la compatibilità di un intervento in astratto assentibile (sulla base della pertinente disciplina statale) con le esigenze di coordinamento delle politiche di protezione civile in concreto riscontrate.
Parimenti, l'osservanza degli indirizzi nazionali di politica estera non risulta sufficiente ad elidere i dubbi di legittimità della disciplina regionale in commento, tenuto conto che:
- si discorre di indirizzi di politica estera (riservati allo Stato ai sensi dell'articolo 117, comma 2, Cost.) e non precipuamente di indirizzi di protezione civile (aventi un'autonoma rilevanza ai sensi dell'articolo 117, comma 3, Cost.);
- vengono in rilievo, in ogni caso, indirizzi che orientano la decisione da assumere in concreto, ferma rimanendo la necessità di una predeterminazione, in via generale e astratta, delle ipotesi di intervento assentibili; il rispetto degli indirizzi nazionali di politica estera, dunque, al pari di quanto osservato per l'intesa, integra una condizione necessaria ma non sufficiente, occorrendo, altresì, predeterminare i casi in cui potrebbe esplicarsi l'intervento estero regionale, nell'ambito dei quali decidere, in concreto, anche sulla base degli indirizzi di politica estera, l'opportunità di un intervento di solidarietà internazionale.
Infine, anche per il disposto dell'articolo 5, comma 5, dello Statuto del Veneto valgono le medesime considerazioni già svolte per l'intesa e il rispetto degli indirizzi di politica estera: tale comma reca alcuni principi fondamentali che, da un lato, assumono valenza trasversale, non essendo esclusivi alla materia della protezione civile (incentrata su regole peculiari), dall'altro, sono idonei ad orientare le scelte di solidarietà internazionale, ma non elidono la necessità di una preventiva fissazione dei limiti (generali e astratti) entro i quali tali scelte discrezionali possono essere effettuate.
Tali limiti, come osservato, rinvengono, quanto alla materia protezione civile, una loro compiuta declinazione nel decreto legislativo n. 1 del 2018, per i profili sopra enunciati da ritenersi nella specie violato.
In definitiva, sussistono i presupposti per l'impugnazione, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione, degli articoli 1 e 2 della legge in argomento, per invasione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di politica estera, in contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, e per violazione di principi fondamentali della materia della protezione civile ex articolo 117, comma 3, Cost., non avendo il legislatore regionale subordinato la disciplina delle iniziative di solidarietà internazionale di cui agli articoli 1 e 2 cit. all’osservanza della legge 1 agosto 2014, n. 125 “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo” né all'osservanza degli articoli 3, 8 e 29 del decreto legislativo n. 1 del 2018“Codice della protezione civile”.