Dettaglio legge regionale
Titolo | Misure urgenti per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) e per la semplificazione dei procedimenti autorizzativi |
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Regione | Sardegna |
Estremi | Legge n. 20 del 05-12-2024 |
Bur | n. 60 del 05-12-2024 |
Settore | Politiche infrastrutturali |
Delibera C.d.M. | 28-01-2025 / Impugnata |
La legge regionale, è censurabile relativamente a diverse disposizioni che, per i motivi di seguito illustrati, eccedono dalle competenze statutarie riconosciute alla Regione Sardegna dallo Statuto Speciale (Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), ponendosi in contrasto con la normativa statale di riferimento che detta i principi fondamentali, vincolanti per le Regioni, in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», violando quindi l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.?? Poiché la disciplina statale di riferimento è di derivazione eurounitaria, si evidenzia, altresì, la violazione dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, secondo cui “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.?? Inoltre, la previsione secondo cui, come sarà meglio esplicitato nel prosieguo, la legge regionale trova applicazione anche nei confronti degli impianti a fonti rinnovabili per i quali il procedimento autorizzativo si sia già concluso e i diritti dei proponenti già acquisiti, presentandosi alla stregua di sopravvenienza normativa sfavorevole nei confronti degli operatori, si pone in contrasto con i principi di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, di certezza del diritto e del legittimo affidamento, nonché di libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione.? Prevedendo, infine, particolari procedure, che oltre a sovrapporre profili amministrativi e politici, si pongono in contrasto con la disciplina nazionale del procedimento amministrativo, determinando un contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, che demanda al legislatore statale la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, violando altresì la lettera s) dello stesso articolo 117, secondo comma? che affida allo Stato la tutela dei beni culturali e paesaggistici.? ?Si premette che lo?Statuto speciale di autonomia?della Regione Sardegna (cit. l. cost. n. 3 del 1948) riconosce alla stessa Regione, con l’articolo 4, lettera e),? competenza legislativa in materia di «produzione e distribuzione dell’energia elettrica», con i limiti stabiliti? dall’articolo 3? del medesimo Statuto speciale, ovvero in armonia con la Costituzione e con i principi dell’ordinamento giuridico dello Stato e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, nonché dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato.??? In virtù? dell'art 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 -? che consente l’applicazione? delle disposizioni del Titolo V della Costituzione, così come modificato dalla stessa legge costituzionale, alla Regioni a statuto speciale per le parti in cui si? prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già? a queste attribuite – può i invocarsi , in ordine alla legge regionale in esame, la violazione dell’articolo 117, terzo comma della Costituzione in presenza di disposizioni regionali confliggenti con previsioni legislative statali di principio volte al conseguimento di obiettivi di politica energetica? gravanti sullo Stato italiano nel suo complesso, perché esso configura un titolo competenziale più ampio rispetto a quello previsto dallo? Statuto speciale della Regione autonoma Sardegna, come detto riferito alla sola energia elettrica.?? La legge regionale in esame non trova giustificazione normativa negli artt. 3 e 4 dello Statuto speciale di autonomia, dato che essi ammettono l’esercizio della potestà legislativa concorrente della Regione Sardegna in materia di “produzione e distribuzione dell’energia elettrica” (art. 4, primo comma , lett. e]), a condizione che essa sia esercitata in “armonia con la Costituzione” e con “i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica”, nonché nel “rispetto degli obblighi internazionali”, degli “interessi nazionali” e delle “norme fondamentali delle riforme economico-sociali”, quali sono anche le “norme interposte” di cui agli articoli 20 e 23 del decreto legislativo n. 199 del 2021. La Corte costituzionale ha puntualizzato il ruolo e le attribuzioni del legislatore nazionale con riguardo alle previsioni dello Statuto speciale della Regione Sardegna, affermando che «Il legislatore statale conserva il potere di vincolare la potestà legislativa primaria dell'autonomia speciale attraverso l'emanazione di leggi qualificabili come "riforme economico-sociali". Inoltre è indubbio che la Regione Sardegna non gode di potestà normativa primaria in materia di tutela del paesaggio, che è attribuita in via esclusiva allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in quanto lo Statuto speciale attribuisce alla Regione competenza legislativa esclusiva nella diversa materia «edilizia e urbanistica», che corrisponde sostanzialmente a quella del «governo del territorio», in relazione alla quale le Regioni a statuto ordinario dispongono di potestà legislativa concorrente (ai sensi dell'art. 117 terzo comma, Cost.). È pur vero che l'art. 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme d'attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna), nel definire i confini delle competenze esclusive della Regione in materia di «edilizia e urbanistica» le attribuisce anche la redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui all'art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497. Tale competenza, tuttavia, era riconosciuta anche a tutte le regioni ordinarie sin dall'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 8 (art. 1, quarto comma), senza che ciò potesse implicare una competenza normativa in materia di tutela del paesaggio, da sempre appartenente in via esclusiva allo Stato (salvo eventuali previsioni più favorevoli contenute negli Statuti di autonomia per le regioni a statuto speciale e le province autonome). La Corte costituzionale ha chiarito la natura e la portata delle attribuzioni spettanti alla Regione Sardegna in materia di «edilizia e urbanistica», evidenziando che «il Capo III del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna), intitolato "Edilizia e urbanistica", concerne non solo le funzioni di tipo strettamente urbanistico, ma anche le funzioni relative ai beni culturali e ai beni ambientali; infatti, l'art. 6, al comma 1, dispone espressamente che "sono trasferite alla Regione autonoma della Sardegna le attribuzioni già esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765 ed attribuite al Ministero dei beni culturali ed ambientali con decreto-legge 14 dicembre 1974,n. 657, convertito in legge 29 gennaio 1975, n. 5, nonché' da organi centrali e periferici di altri ministeri". Al tempo stesso, il comma 2 del medesimo art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975 prevede puntualmente che il trasferimento di cui al primo comma «riguarda altresì la redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici, di cui all'art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497» (sentenza n. 51 del 2006). Nella citata pronuncia la Corte ha rimarcato peraltro che, in ogni caso, le norme fondamentali statali emanate in materia continuano ad imporsi al necessario rispetto del legislatore della Regione Sardegna che eserciti la propria competenza statutaria nella materia edilizia e urbanistica. Alla stregua dei suddetti principi, è evidente che la Regione Sardegna non ha una competenza normativa primaria in materia di tutela dei beni paesaggistici (non prevista dallo Statuto), ma ha piuttosto competenza in ordine all'elaborazione del Piano paesaggistico, limitata a quella componente di pianificazione che può astrattamente essere ricondotta alla pianificazione urbanistico-edilizia, e perciò alla materia di competenza primaria che deve essere esercitata nei limiti derivanti dai “principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica”, nonché nel “rispetto degli obblighi internazionali” e delle “norme fondamentali delle riforme economico-sociali”. Nel caso in esame le disposizioni censurate esorbitano dalle prerogative statutarie in ragione della violazione di principi stabiliti con legge dello Stato e delle norme fondamentali di riforma economico-sociale che si impongono anche alle autonome speciali per espressa previsione statutaria. Ciò specificato, tuttavia, i limiti cui è subordinato il legittimo esercizio della potestà legislativa (esclusiva e concorrente) della Regione Sardegna, sopra richiamati e sanciti dallo Statuto stesso, appaiono nella specie violati in relazione ai parametri interposti di cui agli articoli 20 e 23 del decreto legislativo n. 199 del 2021, oltre che per inosservanza degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea (in relazione all’articolo 16-septies rubricato “Interesse pubblico prevalente” della Direttiva 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 ottobre 2023). Quale che sia l'ambito materiale in esame, dunque, il legislatore regionale non può porre norme che deroghino alla normativa di promanazione europea e statale in materia di promozione delle energie rinnovabili, anche sotto il profilo paesaggistico. ?La legge regionale in esame si inserisce in una complessa vicenda che ha visto, da un lato, il legislatore statale adottare disposizioni per l'identificazione delle aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili e, dall'altro lato, la Regione Sardegna prevedere una moratoria di 18 mesi per la realizzazione di nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, con una legge regionale 3 luglio 2024, n. 5 che è stata impugnata dal Governo dinanzi alla Corte costituzionale.? Con riferimento alla disciplina statale, il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, all'art. 20 contiene la disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili, rinviando ad uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, la definizione di principi e criteri omogenei per l'individuazione, con successive leggi regionali, delle superfici e delle aree idonee e non all'installazione di impianti a fonti rinnovabili.?? In attuazione del citato d. lgs. n. 199 del 2021, il decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica 21 giugno 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 2 luglio 2024, ha introdotto la “Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili” (“D.M. Aree idonee”). Le Regioni devono provvedere, con legge, all'individuazione delle aree entro sei mesi dalla pubblicazione del citato D.M.? Con riguardo alla disciplina regionale, la Regione Sardegna ha adottato la legge n. 5 del 3 luglio 2024, recante “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali”. La citata legge regionale, nelle more dell'approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell’articolo 20, comma 4, d. lgs. n. 199/2021, nonché dell'approvazione del Programma regionale di sviluppo (PRS) e del Piano paesaggistico regionale (PPR) e, comunque, per un periodo non superiore a 18 mesi dalla sua entrata in vigore, sottopone l'intero territorio regionale a misure di salvaguardia del paesaggio, del territorio e dell'ambiente, prevedendo il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili che incidono direttamente sull'occupazione di suolo.? Sulla legge regionale n. 5 pende giudizio di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte per violazione degli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione.? Merita osservare che il citato D.M. Aree idonee è stato sospeso con ordinanza n. 4298 del 2024 del Consiglio di Stato, limitatamente alla norma di cui all'art. 7, comma 2, lettera c), ossia nella parte in cui sembrerebbe lasciare alle singole Regioni la facoltà di restringere il campo di applicazione delle aree “immediatamente” idonee ai sensi dell'art. 20, comma 8, del d. lgs. n. 199/2021. Il che conferma la rigidità delle norme statali in materia e l'esiguità dello spazio lasciato alla disciplina regionale. Stante la portata di tale ordinanza e come meglio illustrato in seguito, ne consegue, infatti, l’illegittimità di qualsivoglia disposizione normativa di rango regionale che, nell’individuare le aree idonee, trovi spazio per incidere, in senso restrittivo, sul minimum di aree idonee identificato dal legislatore statale al comma 8 dell’articolo 20 del d.lgs. n. 199 del 2021.? Prima di entrare nel merito delle singole disposizioni regionali oggetto di censura e richiamando nuovamente il decreto legislativo n. 199 del 2021, giova rammentare che lo stesso correla il concetto di “area idonea” non già alla possibilità di ospitare impianti da fonti rinnovabili, bensì all’accesso a talune misure di semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi. In tal senso, infatti, l’articolo 22 del citato d.lgs. n. 199 del 2021 dispone che “nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, ivi inclusi quelli per l'adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l'autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l'espressione del parere non vincolante, l'amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione” e che “i termini delle procedure di autorizzazione per impianti in aree idonee sono ridotti di un terzo”.? Tutto ciò premesso, si rappresenta quanto segue 1. Nel dettaglio, l’articolo 1 elenca, al comma 1, le finalità della legge, precisando, al successivo comma 2, che la stessa “[...] si applica a tutto il territorio della Regione, ivi comprese le superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica irreversibile dello stato dei luoghi”. Le disposizioni regionali impattanti su procedimenti amministrativi avviati o addirittura già conclusi sono suscettibili di presentarsi, laddove la legge regionale stessa finisce per incidere, in senso restrittivo, sul minimum di aree idonee identificato dal legislatore statale al comma 8 dell’articolo 20 del D.lgs. n. 199/2021 o correla il concetto di “non idoneità” a quello di divieto a ospitare impianti, con la sopravvenienza di una normativa sfavorevole nei confronti degli operatori, con evidente lesione dei principi di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, di certezza del diritto e del legittimo affidamento, nonché di libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione.?? 2. L'articolo 1, comma 5, fa riferimento al divieto di “realizzazione” degli impianti nelle aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 del medesimo articolo 1. Occorre rammentare kkkche la nozione di “area idonea” contenuta nella disciplina statale di riferimento è strettamente legata alla individuazione delle semplificazioni di cui poter beneficiare a fini autorizzatori, fermo restando che anche nelle “aree non idonee” non opera alcun divieto a realizzare impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile. A tale approdo si giunge anche dall’analisi della giurisprudenza della Corte costituzionale che, da ultimo, con la sentenza n. 216 del 2022, ha affermato che «[l]a dichiarazione di inidoneità deve [...] risultare quale provvedimento finale di un'istruttoria adeguata volta a prendere in considerazione tutta una serie di interessi coinvolti», cosicché «[u]na normativa regionale che non rispetti la riserva di procedimento amministrativo e, dunque, non consenta di operare un bilanciamento in concreto degli interessi, strettamente aderente alla specificità dei luoghi, impedisce la migliore valorizzazione di tutti gli interessi pubblici implicati e, di riflesso, viola il principio, conforme alla normativa dell'Unione europea, della massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili (sentenza n. 286 del 2019, in senso analogo, ex multis, sentenze n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011)». In altri termini, l’inadeguatezza di una determinata area o di un determinato sito a ospitare impianti da fonti rinnovabili deve derivare, non già da una qualificazione aprioristica, generale e astratta, bensì all’esito di un procedimento amministrativo che consenta una valutazione, in concreto, delle inattitudini del luogo, in ragione delle relative specificità.????? L'articolo 1, comma 5, pertanto, letto in combinato disposto con gli Allegati A, B, C, D ed E, prevede una imponente casistica di aree interdette, ricomprendendo non solo le aree ed i beni specificamente tutelati, per quanto di competenza, dal diritto euro-unionale, nazionale e regionale (beni UNESCO, aree naturali protette, beni storico culturali) e le aree in assoluto inidonee, ad esempio per profili di sicurezza idrogeologica, ma anche, in via residuale, la maggior parte del territorio regionale, pur in mancanza di esigenze di tutela comportanti una preclusione assoluta a una realizzazione dell'impianto circondata da particolari cautele, impedendo la necessaria valutazione sincronica dei diversi interessi di rilievo costituzionale (Corte cost. n. 46 del 2021).? Emblematiche della vastità e genericità dei divieti sono le previsioni riferite a “Ulteriori elementi con valenza storico-culturale, di natura archeologica, architettonica e identitaria, quali beni potenziali non ricompresi nel Piano Paesaggistico vigente al momento della entrata in vigore della presente legge, ed aree circostanti che distano meno di 3 chilometri, in linea d'aria” (Allegato A, lettere bb), oppure come le non meglio definite “aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie faunistiche protette, ovvero aree in cui è accertata la presenza di specie animali e vegetali soggette a tutela dalle Convenzioni internazionali”, oppure “per la presenza di chirotterofauna” (Allegato C, lettere J e k).? Il vizio denunciato diventa più evidente se si considerano non i singoli vincoli isolatamente, ma la loro connessione “a pettine” in una “rete” di centinaia di divieti variamente intrecciati fra loro (l'elenco delle aree vietate occupa 45 pagine) che nel suo insieme appare suscettibile di vietare la possibilità di sviluppo delle fonti rinnovabili nella maggior parte del territorio regionale e negli specchi d'acqua circostanti.? Si tratta di previsioni in contrasto con la giurisprudenza costituzionale, dalla quale emerge che il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non permette di prescrivere limiti generali inderogabili, valevoli sull'intero territorio regionale, perché ciò contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformità alla normativa del1’Unione europea (cfr., ex multis, Corte Costituzionale, sentenza n. 13 del 2014 e sentenza n. 77 del 2022).? I divieti previsti dalla Regione Sardegna, pertanto, violano i principi fondamentali posti dallo Stato nella materia di legislazione concorrente “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia”, di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, espressi dal decreto legislativo n. 199 del 2021, nonché dal DM 21 giungo 2024, e contrastano, altresì, con l'articolo 117, primo comma, Cost., in quanto incidono sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione stabiliti a livello europeo.? Ulteriore criticità dell’articolo 1, comma 5, deriva dalla previsione secondo cui “il divieto di realizzazione si applica anche agli impianti e accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale di competenza regionale o statale [..] è in corso al momento dell’entrata in vigore della presente legge” fino al punto di sancire che “non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, presentate prima dell’entrata in vigore della presente legge, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l’attuazione. I provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia”. Non v’è dubbio che la richiamata previsione si ponga in contrasto con il generale principio di certezza del diritto, che vede, tra i propri corollari, il principio della tutela del legittimo affidamento. Imporre, a prescindere dal grado di maturità dei procedimenti amministrativi rilevanti, un divieto di realizzazione del progetto determina un indubbio danno a nocumento dell’operatore che, nelle more del compimento delle procedure per l’ottenimento dei titoli abilitativi occorrenti, ha già sostenuto costi tecnici e amministrativi ingenti. La lesione dei principi costituzionali è ancor più evidente laddove la legge regionale in commento dispone l’inefficacia di titoli abilitativi già formatisi: sotto tale profilo, infatti, la previsione regionale finisce per assumere portata retroattiva, rimettendo in discussione diritti già acquisiti dall’interessato senza attenersi – dinnanzi a un quadro normativo statale che, in conformità al diritto eurounitario, promuove il ricorso alle fonti rinnovabili – ad alcun criterio di ragionevolezza. Nulla aggiunge, quanto alla ragionevolezza dell’intervento del legislatore regionale, in rapporto agli sfidanti obiettivi di sviluppo delle rinnovabili e di decarbonizzazione, la scelta di prevedere deroghe puntuali al divieto di realizzazione di progetti autorizzati in aree non idonee, per fattispecie tecnologiche limitate ovvero correlate alla qualifica del soggetto avente diritto.? 3. Con l'articolo 1, comma 7, della legge in esame il legislatore regionale introduce il cosiddetto “criterio di non idoneità”, ai sensi del quale, nel caso in cui un progetto di impianto ricada sia nelle aree idonee che non idonee, prevale la non idoneità. Appare evidente che lo stesso si pone in contrasto con il principio eurounitario dell’interesse pubblico prevalente alla diffusione dell’energia da fonte rinnovabile e quindi con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione. A tal riguardo si richiama l’articolo 16-septies rubricato “Interesse pubblico prevalente” della Direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 ottobre 2023, che modifica la direttiva (UE) 2018/2001, il regolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto riguarda la promozione dell’energia da fonti rinnovabili e che abroga la direttiva (UE) 2015/652 del Consiglio (pubblicata nella GU L 2023/2413 del 31.10.2023), c.d. Renewable Energy Directive III? (RED III) ovvero, Direttiva sull’Energia Rinnovabile III. In particolare, il principio dell’interesse pubblico prevalente, essendo destinato a valere nell’ambito della procedura di rilascio delle autorizzazioni così come testualmente previsto dalla citata disposizione europea, richiede un apprezzamento caso per caso ad opera dell’autorità amministrativa e non giustifica, pertanto, un divieto generalizzato fissato ex ante. Vero è che lo stesso articolo 16-septies consente agli “stati membri” di limitare l’applicazione del principio dell’interesse prevalente “a determinate parti del loro territorio, a determinati tipi di tecnologia o a progetti con determinate caratteristiche tecniche”; ma ciò deve avvenire pur sempre in circostanze specifiche e debitamente giustificate, in quanto tali da apprezzare caso per caso “conformemente alle priorità stabilite nei rispettivi piani nazionali integrati per l’energia e il clima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999” e fermo restando l’obbligo di comunicazione alla Commissione di tali limitazioni, assieme alle relative motivazioni.? 4. L’articolo 1, comma 8, stabilisce che “8. Gli interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente all'entrata in vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee, sono ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonché, nel caso di impianti eolici, un aumento dell'altezza totale dell'impianto, da intendersi come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 6, ivi compreso il rispetto dell'articolo 109 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale.” La prevista disciplina degli interventi di rinnovo e ristrutturazione (revamping e/o repowering) relativi ad impianti già realizzati e in esercizio prima dell’entrata in vigore della legge regionale nelle aree non idonee, solleva questioni di chiarezza normativa e di certezza del diritto, non specificando se esse debbano valere solo per il futuro oppure debbano riferirsi anche ad interventi già assentiti, alla data di entrata in vigore della legge regionale in esame. Si rileva la lesione dei principi costituzionali di uguaglianza, ragionevolezza, certezza del diritto e legittimo affidamento, oltreché di libertà di iniziativa economica di cui agli articoli 3 e 41 della Costituzione. Considerato, inoltre, che le previsioni regionali in esame si pongono in contrasto, in particolare, con il decreto legislativo n. 199 del 2021, che correla il concetto di “area idonea” non già alla possibilità di ospitare impianti da fonti rinnovabili, bensì all’accesso a talune misure di semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi, si evidenzia, in relazione all’articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021, la violazione dei principi fondamentali della materia concorrente “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione. 5. L'articolo 1, comma 9, elenca le aree non idonee alla realizzazione degli impianti off-shore. Le previsioni di cui al comma 9 non appaiono in linea con la disciplina prevista dal decreto legislativo n. 199 del 2021 per l’individuazione da parte delle regioni delle aree idonee, violando, pertanto, i principi fondamentali posti dallo Stato nella materia di legislazione concorrente “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia”, di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione. Il richiamato decreto legislativo individua due percorsi diversi per l’individuazione delle aree idonee sulla terraferma e delle aree idonee off-shore: è solo nel caso della terraferma quindi che spetta al legislatore regionale, sulla base dei criteri e delle modalità stabilite con il DM 21 giugno 2024, procedere all’individuazione con propria legge delle aree idonee; nel caso dell’off-shore, l’articolo 23 del menzionato decreto legislativo prevede, invece, che si giunga all’individuazione delle relative arre idonee all’esito di un processo pianificatorio statale partecipato dalle regioni. A riprova di ciò possono essere invocate le rubriche degli articoli 20 e 23 del decreto legislativo n. 199 del 2021, nonché la circostanza che le due disposizioni, nell’elencare le aree idonee nelle more del completamento dell’iter di individuazione, facciano rispettivamente riferimento l’una esclusivamente alla terraferma, l’altra altrettanto esclusivamente alle aree off-shore.??? ? 6. Anche l’articolo 3 della legge regionale in commento, che prevede una limitata possibilità di intervento nelle aree dichiarate non idonee dalla stessa legge, presenta profili di incostituzionalità.? Il comma 1 prevede che i singoli Comuni possano proporre alla Regione una “istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno di un'area individuata come non idonea ai sensi della presente legge'” ai fini del raggiungimento di un’intesa (che comporta, qualora si tratti di un'area mineraria dismessa di proprietà regionale, anche il trasferimento dell'area al Comune).? Secondo il comma 2 l'istanza è deliberata a maggioranza qualificata dal consiglio comunale, ovvero dai consigli comunali, all'esito favorevole di un processo partecipativo, denominato "dibattito pubblico". Il comma 4 però prevede che “L'istanza è proposta all’Assessorato competente in materia” (si arguisce, da un operatore privato), che convoca una conferenza di servizi istruttoria di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 dei soggetti competenti, chiamati però ad esprimersi all'unanimità in relazione alla compatibilità dell'intervento rispetto alla presenza di aree non idonee, non trovando applicazione neppure le previsioni riferite alle ipotesi di assenso tacito. Infine, i risultati del Tavolo tecnico sono trasmessi alla Giunta regionale (che riceve però ai sensi del comma 2 anche la delibera del consiglio comunale), che decide sull'esito dell'intesa.? In caso di perfezionamento dell'intesa, secondo il comma 5, “il proponente ha facoltà di presentare ai soggetti competenti istanza per la realizzazione dell'intervento nell'ambito del regime autorizzativo previsto per le aree ordinarie esclusivamente utilizzando, in relazione alla taglia e tipologia dell’impianto, il regime della Procedura abilitativa semplificata (PAS) o dell’Autorizzazione unica (AU)”.? I commi successivi disciplinano il rilascio di garanzie finanziarie da parte del soggetto autorizzato e le conseguenze del mancato rispetto delle nuove prescrizioni.? Le citate disposizioni regionali non sono chiare e univoche: si dispone che l'istanza sia sottoposta sia a una valutazione di opportunità del Consiglio comunale previo dibattito pubblico (comma 2) sia a una valutazione tecnico-amministrativa mediante conferenza di servizi (comma 4) con una possibile sovrapposizione fra profili amministrativi e politici, prevedendosi inoltre, sotto il profilo amministrativo, istituti (unanimità della conferenza dei servizi, inoperatività del silenzio assenso) che palesano una possibile contrarietà alla disciplina nazionale del procedimento amministrativo.? Le previste misure di semplificazione ed accelerazione rischiano di creare eccezioni rispetto all’ordinario funzionamento della conferenza dei servizi, ponendosi con ciò in contrasto con la disciplina statale recata dalla legge numero 241 del 1990, che costituisce un limite inderogabile per la legislazione regionale. Infatti la legge regionale, prevedendo l'unanimità nell'assunzione delle decisioni in merito all'istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di accumulo FER, all'interno di un'area individuata come non idonea, nonché la non applicazione del silenzio-assenso, tradisce la ratio dell'istituto della conferenza dei servizi “eludendo l'esigenza di speditezza e contestualità cui risponde la previsione che non solo impone a tutte le amministrazioni interessate di esprimere il proprio dissenso in conferenza, ma assegna alla determinazione ivi assunta efficacia sostitutiva, a ogni effetto, di tutti gli atti di assenso comunque denominati di competenza delle amministrazioni coinvolte (Corte costituzionale sentenza numero 9 del 2019) Ciò determina un contrasto tra la disciplina regionale e l'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, che demanda al legislatore statale la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.? Prevedendo , in particolare, che l'istanza per il raggiungimento dell'intesa, deliberata dalla maggioranza qualificata del Consiglio comunale, sia proposta all'Assessorato competente in materia, il quale, secondo le procedure della conferenza di servizi istruttoria di cui alla legge 7 agosto1990, n. 241, art. 14 comma 1, “entro novanta giorni dal ricevimento dell'istanza, convoca i soggetti competenti ad esprimersi, all'unanimità, in relazione alla compatibilità dell'intervento rispetto alla presenza di aree non idonee”, delinea una conferenza di servizi istruttoria – come detto atipica rispetto alla disciplina di cui all’art. 14, legge 7 agosto 1990, n. 241 - il cui esito non appare chiaro se sia vincolante rispetto al successivo iter autorizzativo, suscettibile dunque di essere disatteso dalla Giunta regionale, con la conseguenza che anche le determinazioni della soprintendenza possano essere superate. Nell’ambito delle aree idonee, ai sensi dell’articolo 22 del D.Lgs. 199/2021, nei procedimenti di autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili su aree idonee, ivi inclusi quelli per l'adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l'autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante. Al di fuori delle aree idonee, i diversi procedimenti per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili assicurano la tutela dei beni culturali e paesaggistici coinvolti: si vedano, in particolare, il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” di cui al D.Lgs. 42/2004, il D. Lgs. 152/2006 recante “Norme in materia ambientale” e, da ultimo, il D.Lgs. 190/2024 recante la disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. La disposizione regionale in esame prevede, al contrario, che un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili possa essere realizzato sulla base di un’intesa politica tra enti territoriali persino in aree soggette a tutela culturale o paesaggistica per le quali la normativa statale vigente prevede un procedimento autorizzatorio ad hoc da parte della soprintendenza competente (artt. 21 e 146 del D.Lgs. 42/2004). Da ciò discende un sensibile affievolimento della tutela dei beni culturali e paesaggistici, in contrasto con il quadro normativo statale di riferimento, andando così a violare la competenza esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali e paesaggistici di cui all’ articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. Tutto ciò premesso, le disposizioni delle legge regionale sopra richiamate eccedono, per le motivazioni sopra enunciate, dalle competenze della Regione autonoma della Sardegna e devono quindi essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.? |