Dettaglio legge regionale
Titolo | Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2025 e bilancio pluriennale 2025–2027 della Regione Puglia (legge di stabilità regionale 2025)” |
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Regione | Puglia |
Estremi | Legge n. 42 del 31-12-2024 |
Bur | n. 43 del 31-12-2024 |
Settore | Politiche economiche e finanziarie |
Delibera C.d.M. | 28-02-2025 / Impugnata |
La legge in esame “Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2025 e bilancio pluriennale 2025–2027 della Regione Puglia (legge di stabilità regionale 2025)” presenta profili di illegittimità costituzionale relativamente alle disposizioni di cui all’articolo 98 che riguarda la promozione della realtà virtuale nella formazione medica e delle professioni sanitarie e all’articolo 160, relativo al Contributo straordinario per la ricerca e gli studi su digital health e tecnologie digitali per la sanità pugliese; all’articolo 117 che in materia di disturbi del comportamento alimentare individua la figura professionale del biologo nutrizionista; all’ articolo 132 che disciplina l'avvio delle attività dei centri specializzati per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico e all’articolo 217 in materia di comunità riabilitative assistenziali psichiatriche (CRAP); all’articolo 219, in materia di ineleggibilità del Presidente della Regione e di consigliere regionale; all’articolo 240, che nel modificare la disposizione contenuta nell’articolo 26 della legge regionale n.39/2024 prevede, l'istituzione della residenza sanitaria assistenziale (RSA) di Campi Salentina, incardinata nell'organizzazione funzionale della Azienda sanitaria locale (ASL) di Lecce. - L’articolo 98 riguardante la promozione della realtà virtuale nella formazione medica e delle professioni sanitarie e l’articolo 160, riguardante il Contributo straordinario per la ricerca e gli studi su digital health e tecnologie digitali per la sanità pugliese collocano nel perimetro sanitario del bilancio regionale finanziamenti in favore di enti estranei al Servizio sanitario nazionale per attività variamente legate alla formazione (articolo 98) ovvero per attività legate allo studio e ricerca sulla digital health e le più aggiornate tecnologie digitali (articolo 160). In merito occorre ricordare che l’articolo 20 del decreto legislativo n. 118 del 2011, dispone che “Nell'ambito del bilancio regionale le regioni garantiscono un'esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale, al fine di consentire la confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti di determinazione del fabbisogno sanitario regionale standard e di individuazione delle correlate fonti di finanziamento, nonché un'agevole verifica delle risorse rese disponibili dalle regioni per il finanziamento del medesimo servizio sanitario regionale per l'esercizio in corso.”. Si ricorda, altresì, che ai sensi dell’articolo 19 le disposizioni del titolo II dello stesso decreto legislativo, nel quale l’articolo 20 richiamato si colloca, costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione e sono finalizzate alla tutela dell'unità economica della Repubblica italiana, ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, per garantire vari obiettivi anche sulla base di principi di armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci e sono altresì dirette a disciplinare le modalità di redazione e di consolidamento dei bilanci da parte dei predetti enti, nonché a dettare i principi contabili cui devono attenersi gli stessi per l'attuazione delle disposizioni ivi contenute. Pertanto, l’inclusione di spese relative alla formazione ovvero relative allo studio e alla ricerca comporta una rappresentazione non corretta del finanziamento sanitario regionale. Infine, si fa presente che in alcun modo il finanziamento sanitario è destinato alle università per l’attivazione di corsi universitari (laurea in medicina e chirurgia) o di corsi di formazione postuniversitaria ovvero per il sostegno allo studio e alla ricerca. Si veda, in materia, la sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 23 aprile 2024 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 5, commi 19, 20 e 21, e 16, comma 7, della legge regionale Sardegna 21 febbraio 2023, n. 1 (Legge di stabilità 2023), nel testo vigente prima dell'entrata in vigore della legge regionale Sardegna 23 ottobre 2023, n. 9 (Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie). Per quanto sopra detto, le disposizioni presentano profili di incostituzionalità per contrasto con l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione violando i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica enunciati nelle citate norme del d.lgs n. 118 del 2011. * - L’articolo 117 della legge regionale in esame prevede che “Nelle disposizioni regolamentari o attuative della Giunta regionale in materia di requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi per l'autorizzazione e l'accreditamento della Rete di assistenza per i Disturbi del Comportamento Alimentare è prevista, tra le altre, la figura professionale del biologo nutrizionista”. Al riguardo, l’ordinamento giuridico non prevede la specifica figura professionale del biologo nutrizionista, ma solo quella del biologo, ferme restando le specifiche conoscenze e competenze acquisite attraverso la formazione. L'introduzione di una figura specifica di "biologo nutrizionista" nell'ambito della normativa regionale risulta non conforme alle competenze previste dalla normativa statale, che non riconosce tale figura come professione distinta dal biologo. Sul punto, il Consiglio Superiore di Sanita, nella seduta del 12 aprile 2011, ha espresso specifico parere in materia di competenze nutrizionali, definendo le competenze del medico chirurgo, del biologo e del dietista nei seguenti termini: “Mentre il medico-chirurgo può, ovviamente, prescrivere diete a soggetti sani e a soggetti malati, é corretto ritenere che il biologo possa elaborare e determinare diete nei confronti sia di soggetti sani, sia di soggetti cui è stata diagnosticata una patologia, solo previo accertamento delle condizioni fisiopatologiche effettuate dal medico chirurgo”. Il biologo può autonomamente elaborare profili nutrizionali al fine di proporre alla persona che ne fa richiesta un miglioramento del proprio “benessere”, quale orientamento nutrizionale finalizzato al miglioramento dello stato di salute. In tale ambito può suggerire o consigliare integratori alimentari, stabilendone o indicandone anche le modalità di assunzione. Il dietista, profilo professionale dell’area tecnico-sanitaria, individuato dal D.M. 14 settembre 1994, n. 744, ex art. 6, comma 3 del D.lgs. 502/92, “svolge la sua attività professionale in strutture pubbliche o private, in regime di dipendenza o libero professionale” e, in particolare, in collaborazione con il medico ai fini della formulazione delle diete su prescrizione medica”. Il parere del Consiglio Superiore di Sanità espresso il 12 aprile 2011 sulla materia delle competenze nutrizionali precisa che, sebbene il biologo possa elaborare profili nutrizionali e orientamenti nutrizionali, le competenze legate alla diagnosi di patologie e la prescrizione di diete sono di competenza del medico-chirurgo. In tal modo, la norma regionale censurata, se definisce come figura indispensabile il biologo nutrizionista per la rete di assistenza, entra in conflitto con la regolamentazione delle competenze professionali stabilita a livello statale. Pertanto, per i motivi sopraindicati, si ritiene che la norma in parola risulti violare l’articolo 117 della Costituzione, terzo comma, stante il contrasto con le interposte disposizioni statali di principio fondamentale di legislazione concorrente in materia di professioni. * - L’articolo 132, nel disciplinare l'avvio delle attività dei centri specializzati per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico, e “in attesa di programmare una adeguata formazione per alcune professionalità ora carenti”, prevede l'intercambiabilità, per un periodo transitorio di massimo 24 mesi, dei professionisti sanitari della riabilitazione in relazione ai bisogni assistenziali dei soggetti in trattamento e per esigenze di turnazione. Analogamente, l’articolo 217 prevede che per consentire l'avvio e il potenziamento delle attività delle comunità riabilitative assistenziali psichiatriche (CRAP) dedicate ai pazienti autori di reato ed elevata complessità, nelle more della programmazione di un'adeguata formazione per alcune professionalità ora carenti, è disposta l'intercambiabilità, per un periodo transitorio di massimo 24 mesi, dei professionisti sanitari della riabilitazione (terapista occupazionale, educatore professionale, educatore professionale sanitario, tecnico della riabilitazione psichiatrica, tecnico della riabilitazione neuropsichiatrica). In ordine ai richiamati articoli, è censurabile il concetto di “intercambiabilità” considerato che ciascuna figura professionale sanitaria ha, in base al proprio profilo, al proprio percorso formativo e all’iscrizione al rispettivo ordine professionale, competenze e responsabilità riservate e distinte. Pertanto, la prevista intercambiabilità delle figure professionali della riabilitazione determina una violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico in materia di professioni. Infatti, la materia “professioni” rientra nell’ambito della potestà legislativa concorrente Stato-regioni, ai sensi dell’art.117, terzo comma, della Costituzione. Al riguardo, la Corte costituzionale, con un orientamento ormai consolidato, ha chiarito che, nella materia di che trattasi, la potestà legislativa regionale concorrente deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentino uno specifico collegamento con la realtà regionale (ex plurimis, sentenze n. 178 del 2014, n.108 del 2012, n. 230 del 2011 e n. 300 del 2010). Pertanto, per i motivi sopraindicati, si ritiene che gli articoli 132 e 217 risultino violare l’articolo 117 della Costituzione, terzo comma, stante il contrasto con le interposte disposizioni statali di principio fondamentale di legislazione concorrente in materia di professioni. * - L’articolo 219, modifica l’articolo 5, comma 2 della lr n. 2 del 2005, che in tema di ineleggibilità alla carica del Presidente della Regione e di consigliere regionale, disponeva che “le cause di ineleggibilità …. Non hanno effetto se gli interessati cessano dalla carica per le dimissioni non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature”. Per effetto della suddetta novella, la predetta ineleggibilità non ha effetto “se gli interessati cessano dalla carica per dimissioni non oltre centottanta giorni precedenti il compimento del quinquennio, che decorre dalla data delle elezioni. Nei casi di scioglimento anticipato del Consiglio regionale, se avviene prima dell’ultimo semestre del quinquennio, le dimissioni devono avere luogo entro e non oltre sette giorni dalla data di scioglimento.” La norma in esame risulta non in linea con la disposizione interposta di cui all’articolo 2, comma 1, lett. b), della legge n. 165 del 2004, la quale, nel dettare le norme statali di principio fondamentale di legislazione concorrente in attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione, statuisce che le regioni disciplinano con legge le fattispecie di ineleggibilità nei limiti del principio dell’inefficacia delle stesse “qualora gli interessati cessino dalle attività o dalle funzioni che determinano l’ineleggibilità, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito”. In particolare, le modifiche apportate dalla disposizione censurata violano i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto creano una situazione di disparità, non presente nel testo normativo previgente, prevedendo “un termine molto anticipato” rispetto a quello di presentazione delle candidature (30 giorni prima della votazione) che potrebbe avere ricadute eccessivamente penalizzanti sul completamento del mandato degli organi di governo comunale. La scelta tra la carica di sindaco e la candidatura alle elezioni regionali, da farsi ben 180 giorni prima della scadenza fisiologica del mandato regionale, imporrebbe al sindaco interessato alla candidatura regionale di rinunciare a detto ufficio, senza neppure avere la certezza della effettiva inclusione del proprio nominativo nella lista provinciale che verrà successivamente presentata. Una simile disciplina delle ineleggibilità introduce una limitazione dell’esercizio del diritto di elettorato passivo, con non secondarie ripercussioni sulla cessazione anticipata della consiliatura comunale per effetto della rinuncia al mandato da parte del sindaco. Conseguentemente, la normativa regionale censurata non opera un equo bilanciamento tra interessi di primaria pregnanza costituzionale convergenti nella fattispecie disciplinata: la ratio sottesa alla causa di ineleggibilità; l’interesse degli organi di governo degli enti locali ad arrivare alla naturale scadenza del mandato, assicurando la continuità amministrativa degli enti stessi; il connesso interesse delle comunità locali ad avere un governo stabile e conforme agli esiti dell’ultima consultazione elettorale per tutta la durata della consiliatura. Pertanto, per i motivi sopraindicati, l’articolo 219, deve essere impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale in quanto si pone in contrasto con l’articolo 122, primo comma, della Costituzione, relativamente ai principi della ragionevolezza e proporzionalità di cui all’articolo 3 della Costituzione, stante il contrasto con le interposte disposizioni statali di principio fondamentale di legislazione concorrente di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), della legge n. 165 del 2004; con l’articolo 51, primo comma Cost. , secondo cui: “Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”, apparendo evidente il vulnus da essa arrecato al principio democratico di libero accesso alla competizione elettorale, che dovrebbe invece favorire. * - L’articolo 240, che modifica l’art. 26 della lr 39/2024, prevede al comma 1 l'istituzione della RSA di Campi Salentina “di proprietà e gestione interamente pubblica”, incardinata nell’organizzazione funzionale dell’Azienda sanitaria locale di Lecce. Si premette che l’intervento così delineato è di contenuto identico a quello previsto dalla precedente legge regionale Puglia n. 39 del 2024, che autorizzava, all’articolo 26, l’inserimento nell’organizzazione funzionale dell’ Azienda sanitaria locale (ASL) di Foggia delle residenze sanitarie assistenziali (RSA) di San Nicandro Garganico e Troia con contestuale transito del relativo personale nell’organico della ASL di riferimento e per la quale il Consiglio dei Ministri del 23 gennaio 2025 ha deliberato l’impugnativa davanti alla Corte Costituzionale per violazione: delle disposizioni statali che disciplinano che assunzioni nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 97 della Costituzione; l’art 117 secondo comma, lettera l) della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile (contratti collettivi); dei principi di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma della costituzione; Pertanto, anche rispetto all’istituzione della RSA di Campi Salentina, si configurano le medesime criticità già segnalate rispetto alle altre strutture sanitarie contemplate dall’articolo 26 nella sua originaria formulazione. Nel dettaglio, il mero transito nell’organico della ASL di riferimento del personale già in servizio presso un ente privato sia pure accreditato (nel caso di specie RSA di Campi Salentina) costituisce una violazione del principio del reclutamento mediante procedura concorsuale ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione. Sul punto, la Corte Costituzionale è costante nel ritenere che le deroghe al principio del pubblico concorso possono ritenersi giustificate solo allorquando «l’area delle eccezioni sia delimitata in modo rigoroso e subordinata all’accertamento di specifiche necessità funzionali dell’ amministrazione allo svolgimento di procedure di verifica dell’attività svolta dal dirigente» (sentenza n. 189 del 2011, in conformità, ex plurimis, sentenze n. 108 e n. 52 del 2011, n. 195 del 2010, n. 293 del 2009, n. 363 del 2006). Peraltro, l'applicazione della disciplina di cui all’articolo 1, comma 268, lettera c), della legge 30 dicembre 2021, n. 234 non è riconducibile a quella prevista dalla legge regionale in parola, che la richiama impropriamente. Ciò in quanto, il citato comma 268, lettera c), della legge 30 dicembre 2021, n. 234 non consente il mero passaggio nell’organico della ASL di riferimento del personale in servizio presso un ente privato sia pure accreditato, riconoscendo ai soli enti del Servizio Sanitario la possibilità di avviare procedure selettive per il reclutamento di personale da impiegare per l'assolvimento delle funzioni re internalizzate, conformandosi ai requisiti di legge espressamente indicati nella lettera c) del predetto comma 268 dell’art. 1, della legge n. 234 del 2021. Per le ragioni sopra esposte, l’articolo 240, viola le disposizioni statali che disciplinano le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione. La regione Puglia è inoltre sottoposta a piano di rientro dal disavanzo sanitario dal 2010. In tali termini, gli interventi in materia sanitaria devono essere sottoposti alla valutazione dei Ministeri affiancanti come riportato nell'Accordo sottoscritto tra la Regione e i Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze in data 29 novembre 2010. Quanto disposto dalla norma in oggetto non è stato preventivamente comunicato nell’ambito del monitoraggio del piano di rientro. Il prospettato passaggio alla gestione interamente pubblica delle RSA realizza una modifica della programmazione sanitaria che, infatti, non è stata oggetto di preventiva valutazione (necessaria per le regioni che sono in piano di rientro come la Puglia) da parte dei Ministeri affiancanti. La Regione Puglia, inoltre, in sede di predisposizione del programma operativo di prosecuzione del piano di rientro 2024-2026 volto ad individuare gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza ai sensi dell’articolo 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, non ha previsto tale intervento. Pertanto, le previsioni regionali in argomento, non risultando coordinate con le azioni del già menzionato programma operativo, ne compromettono la concreta realizzazione. Pertanto, sussistono profili di illegittimità costituzionale anche in merito alle ricadute in termini di coordinamento della finanza pubblica articolo 117, terzo comma, della Costituzione dell'operazione di passaggio al regime pubblicistico del personale di che trattasi, dal momento che non può trascurarsi di considerare l’impatto economico che il previsto transito di personale può avere sul bilancio sanitario regionale e di cui non è stata data evidenza circa la coerenza con i vincoli di spesa e con le previsioni del Programma operativo di prosecuzione del piano di rientro dal disavanzo sanitario. Pertanto, sotto tale profilo, l’intervento delineato dal legislatore regionale con la norma segnalata può generare un significativo incremento di costi non quantificato e non compatibile con l’equilibrio economico-finanziario del bilancio sanitario della regione e dunque, in definitiva, con il principio di coordinamento della finanza pubblica e con il divieto di incrementare la spesa sanitaria per motivi non inerenti alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Infatti, costituisce principio di diritto che per le regioni assoggettate ai vincoli dei piani di rientro dal disavanzo sanitario sussiste l'impossibilità di incrementare la spesa sanitaria per motivi non inerenti alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e, dunque, per spese non obbligatorie. Il suddetto principio si applica anche per i piani di prosecuzione del rientro dal disavanzo sanitario o per le misure di monitoraggio equiparabili. (Corte Cost. sent. n. 104 del 2013; sent. nn. 36/2021 e 177/2020). Per le ragioni anzidette, l’articolo 240 deve essere impugnato dinanzi alla Corte costituzionale in quanto si pone in contrasto con: le disposizioni statali che disciplinano le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione; l’art 117 secondo comma, lettera l) della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile (contratti collettivi); (da MEF-RGS) l'art 117, terzo comma della Costituzione (determinazione dei princìpi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica riservati alla legislazione dello Stato) in quanto l’intervento delineato dal legislatore regionale genera un significativo incremento di costi non quantificato e non compatibile con l’equilibrio economico finanziario del bilancio sanitario della regione, con conseguente violazione indiretta e conseguenziale, della tutela della salute.; Si fa, inoltre, rinvio alla impugnativa della legge regionale Puglia n. 39/2024 per quanto concerne l’articolo 26 modificato come sopra descritto. * Per le motivazioni sopra esposte le disposizioni regionali indicate devono essere impugnate di fronte alla Corte costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione. |