Dettaglio legge regionale

Dettaglio legge regionale
Titolo Sostegno alla coltura della canapa (Cannabis sativa L.) e alle relative filiere produttive.
Regione Piemonte
Estremi Legge n. 12 del 28-05-2021
Bur n. 22 del 03-06-2021
Settore Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. 29-07-2021 / Non impugnata
La legge regionale, che detta disposizioni di sostegno alla coltura della canapa (Cannabis sativa L.) e alle relative filiere produttive, è censurabile relativamente alle disposizioni contenute negli articoli 1, comma 1, lettere a) e d), 2 , comma 2 e comma 4, lettere b),c) e d), e articolo 5, che, per le motivazioni di seguito specificate, eccedono dalle competenze regionali, ponendosi in contrasto con disposizioni del d.P.R. n. 309/1990 “Testo unico delle leggi in materia dì disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati dì tossicodipendenza” e della legge n. 242 del 2016, recante “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”. Le citate disposizioni statali di riferimento integrano, quali norme interposte, la violazione della competenza esclusiva statale in materia di ordine e della sicurezza pubblica, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h) della Costituzione, costituendo altresì principi fondamentali in materia di tutela della salute, al cui rispetto le regioni sono tenute ai sensi dell’articolo 117, terzo comma della Costituzione.
Come detto, la legge regionale in esame incide, oltre che nella materia della tutela della salute pubblica, anche in quella dell’ordine e della sicurezza pubblica, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h) della Costituzione, ogniqualvolta la stessa legge introduca disposizioni incompatibili con i divieti posti dalla normativa statale.
A tale riguardo, la giurisprudenza costante della Corte costituzionale interpreta il concetto di “ordine pubblico e sicurezza” - quale settore riservato dalla Costituzione alla legislazione esclusiva dello Stato - come comprendente l’insieme degli interventi e delle misure finalizzate al mantenimento dell’ordine pubblico ed alla prevenzione dei reati, tra i quali, grave allarme sociale destano quelli in materia di stupefacenti.
La Consulta, inoltre, ha sottolineato (sentenza n. 333/1991) che la citata normativa statale (in particolare, il d.P.R. 309/1990), nel definire il catalogo delle sostanze vietate (con le relative eccezioni di natura tassativa), integra elementi accessori delle fattispecie penali tipiche di cui al medesimo d.P.R., nel pieno rispetto del principio della riserva di legge di cui all’articolo 25 della Costituzione.
La Corte ha, altresì, affermato che la predetta normativa in materia di sostanze stupefacenti ha come obiettivo la tutela dei beni giuridici della salute pubblica e dell’ordine e sicurezza pubblica (sentenze nn. 133/1992 e 109/2016).
Il citato Testo unico classifica le sostanze stupefacenti o psicotrope raggruppandole in cinque tabelle. La cannabis, in particolare, rientra nella “Tabella II”.
L’art. 26 del Testo unico vieta la coltivazione delle piante ricomprese nella Tabella II ad eccezione della canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi da quelli di cui all’art. 27, consentiti dalla normativa dell’Unione Europea.
La coltura della canapa non può, quindi, riguardare le tipologie di piante ricomprese nei divieti di cui al citato testo unico ma, invece, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 242/2016, è ammessa per le varietà iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/54/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002.
Il successivo comma 3 dell’articolo 1 della legge n. 242/2016 specifica che le attività di sostegno e promozione riguardano, in particolare, la coltura della canapa finalizzata:
a) alla coltivazione e alla trasformazione;
b) all’incentivazione dell'impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali;
c) allo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l'integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale;
d) alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori;
e) alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca.
Inoltre, l’art. 2 del medesimo testo di legge statale, rubricato “Liceità della coltivazione”, reca l’elenco di prodotti che è lecito ottenere dalla canapa coltivata.
Si tratta, in particolare, di:
a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei relativi settori;
b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico;
c) materiale destinato alla pratica del sovescio;
d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia;
e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati;
f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati;
g) coltivazioni destinate al florovivaismo.

Deve, altresì, essere messo in evidenza che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 30475 del 10 luglio 2019, hanno stabilito che “la commercializzazione di cannabis sativa L. e, in particolare, di foglie, infiorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge n. 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002 e che elenca tassativamente i derivati della predetta coltivazione che possono essere commercializzati, sicché la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L, quali foglie, infiorescenze, olio, resina, sono condotte che integrano il reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, anche a fronte dì un contenuto dì THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, legge n. 242 del 2016, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività”.
Nella suddetta pronuncia, la Suprema Corte ha, inoltre, affermato che all’elencazione contenuta nell’art. 2 della legge n. 242/ 2016 deve essere attribuita natura tassativa, atteso che la stessa ha ad oggetto prodotti derivanti da attività di coltivazione consentite solo in via di eccezione, rispetto al generale divieto di coltivazione della cannabis, penalmente sanzionato dal d.P.R. n. 309 del 1990.
La tesi del carattere tassativo del catalogo dei prodotti che è possibile ottenere dalla coltivazione della cannabis sativa light trova conferma - come ribadito più recentemente dalla stessa Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, con la sentenza n. 10012 del 25.2.2021 - nel l’art. 26 del d.P.R. n. 309 del 1990, che - nel prevedere il generale divieto di coltivazione della cannabis sativa light sul territorio nazionale - contempla un’eccezione, relativa alla canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi da quelli indicati dall’art. 27, consentiti dalla normativa dell’Unione Europea.
Pertanto, ogni possibile estensione - anche in forma indiretta - ad opera della legge regionale, del catalogo delle sostanze permesse, è suscettibile di incidere sui predetti beni giuridici protetti dalla normativa statale e, pertanto, di invadere la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera h), della Carta fondamentale.
Quanto sopra premesso, si segnalano, nel dettaglio, risultano censurabili le seguenti disposizioni della legge regionale in esame:
1) l'articolo 1, comma 1, lett. a), nell’enunciare le finalità della norma regionale, laddove prevede che la regione "promuove, in considerazione degli utilizzi nei diversi settori e dei molteplici prodotti che da essa possono discendere, le condizioni per la diffusione della coltivazione e della trasformazione della canapa (Cannabis sativa L.)", risulta generico, al punto da poter consentire l'utilizzo della canapa anche a fini alimentari, in contrasto con la normativa sopra citata vigente in materia. ¬
2) L’art. 1, comma 1, lett. d), prevede, tra l’altro, che la Regione favorisca “le filiere della coltivazione e della trasformazione della canapa come pianta officinale, nel rispetto del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 23 luglio 2020 (Individuazione dei prezzi unitari massimi di ulteriori produzioni agricole, inclusa l’uva da vino, applicabili per la determinazione dei valori assicurabili al mercato agevolato e per l’adesione ai fondi di mutualizzazione nell’anno 2020. Quarto elenco) e come biomassa da estrazione ad uso cosmetico e alimentare”.
Al riguardo:
- il d.lgs. n. 75 del 2018 - che reca la disciplina della coltivazione, della raccolta e della prima trasformazione delle piante officinali - esclude espressamente - all’art. 1, comma 6 - dal proprio ambito di applicazione la coltivazione e la lavorazione delle piante disciplinate dal d.P.R. n. 309 del 1990;
- inoltre, la disposizione in esame contrasta con l’art. 2, comma 3, della citata legge n. 242 del 2016, che consente l’uso della canapa come biomassa esclusivamente per l’autoproduzione energetica aziendale, nei limiti e alle condizioni previste dall’allegato X alla parte quinta del d. lgs. n. 152 del 2006, e non ai fini “dell’estrazione ad uso cosmetico ed alimentare”.
- infine, occorre osservare che il decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 23 luglio 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 206 del 19 agosto 2020, citato dalla disposizione regionale, è stato modificato dal successivo decreto 26 novembre 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 72 del 24 marzo 2021, il cui art. 1 ha escluso la possibilità di ricomprendere il prodotto “canapa infiorescenza” tra le piante officinali. - L’art. 2, comma 2, prevede che la legge stessa si applichi alle nuove specie e varietà vegetali risultanti da progetti di incrocio naturale tra specie iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie delle piante agricole e consente l’estrazione del cannabidiolo (CBD) naturale dalle paglie. La norma de qua non appare in linea con le limitazioni al perimetro operativo della 1. n. 242/2016 previste all’art. 2, comma 1, in quanto esulano dal suddetto perimetro applicativo le nuove specie e varietà richiamate dalla legge regionale. Inoltre, circa l’estrazione del cannabidiolo (CBD) naturale dalle paglie, l’elenco dei prodotti che possono essere ottenuti dalla coltivazione della cannabis sativa light di cui all’art. 2, comma 2, della legge n. 242 del 2016, ha carattere tassativo e non comprende la suddetta attività di estrazione.
3) L’art. 2, comma 2, prevede che la legge stessa si applichi:
- alle nuove specie e varietà vegetali risultanti da progetti di incrocio naturale tra specie iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie delle piante agricole;
- alla possibilità di estrazione del cannabidiolo (CBD) naturale dalle paglie.
Con riferimento al primo aspetto, la norma de qua non appare in linea con le limitazioni al perimetro operativo della 1. n. 242/2016 previste al citato art. 2, comma 1, del suddetto atto normativo statale. Invero, esulano dal suddetto perimetro applicativo “le nuove specie e varietà vegetali risultanti da progetti di incrocio naturale tra specie iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie delle piante agricole” richiamate dalla legge regionale.
Quanto, invece, alla possibilità di estrazione del cannabidiolo (CBD) naturale dalle paglie, occorre osservare che, come già evidenziato in precedenza, l’elenco dei prodotti che possono essere ottenuti dalla coltivazione della cannabis sativa light di cui all’art. 2, comma 2, della legge n. 242 del 2016, ha carattere tassativo e non comprende la suddetta attività di estrazione.
4) l’art. 2, comma 4, lett. b), aggiunge, tra i prodotti che possono essere ottenuti dalla canapa coltivata, anche i “fiori” che, per il contenuto di THC (tetraidrocannabinolo), sono invece ricompresi nella tabella II allegata al d.P.R. n. 309 del 1990 e quindi sono dall’art. 2, comma 2, lett. b), della legge n. 242 del 2016. Sul punto, si rammenta quanto affermato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza n. 30475 del 19 maggio 2019: "Pertanto, dalla coltivazione di cannabis sativa L. non possono essere lecitamente realizzati prodotti diversi da quelli elencati dalla L. n. 242 del 2016, art. 2, comma 2, e, in particolare, foglie, infiorescenze, olio e resina".
5) l’art. 2, comma 4, lett. c) della suddetta legge regionale stabilisce che dalla canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali consentiti si possa ottenere canapa come pianta officinale e come biomassa da estrazione ad uso cosmetico e alimentare, in violazione del sopra citato DM 26 novembre 2020 che esclude la cannabis dalle pianti officinali, violando altresì la disciplina statale vigente sopra citata che vieta l’uso alimentare della canapa.
6) l’articolo 2, comma 4, lett. d), secondo cui “dalla canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali consentiti dalla normativa dell’Unione europea e dalle convenzioni ONU è possibile ottenere estrazione del CBD naturale dalle paglie” è censurabile in quanto esula dall’elenco tassativo dei prodotti che possono essere ottenuti dalla coltivazione della cannabis sativa light di cui all’art. 2, comma 2, della legge n. 242 del 2016.
7) l’articolo 5 rubricato “Sementeria regionale”, prevede che la Regione, in collaborazione con soggetti pubblici e privati, promuova un’attività di ricerca, riproduzione e conservazione del seme di canapa al fine di individuare una o più coltivazioni in grado di meglio adattarsi ai diversi areali piemontesi. Tale previsione è censurabile in quanto assumere una portata più ampia e generale rispetto al limite temporale ed agli adempimenti posti dall’art. 7 (Riproduzione della semente) della più volte richiamata legge n. 242 del 2016, secondo cui invece: “gli enti di ricerca pubblici, le università, le agenzie regionali per lo sviluppo e l’innovazione, anche stipulando protocolli o convenzioni con le associazioni culturali e i consorzi dedicati specificamente alla canapicoltura, possono riprodurre per un anno la semente acquistata certificata nell'anno precedente, utilizzandola per la realizzazione di piccole produzioni di carattere dimostrativo, sperimentale o culturale.

La legge regionale quindi , limitatamente alle disposizioni sopra descritte, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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