Dettaglio legge regionale
Titolo | XI legislatura – 6° provvedimento di riconoscimento di debiti fuori bilancio ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettere a) ed e), del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126 e disposizioni in materia di trattamento indennitario dei consiglieri regionali. |
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Regione | Puglia |
Estremi | Legge n. 27 del 06-08-2021 |
Bur | n. 102 del 06-08-2021 |
Settore | Politiche economiche e finanziarie |
Delibera C.d.M. | 23-09-2021 / Non impugnata |
L’art. 3 della legge regionale Puglia n. 27/2021 reintroduce l’assegno di fine mandato per i consiglieri regionali, abolito dall’art. 2 della legge regionale n. 34/2012 (“Riduzione dei costi della politica”). L’assegno di fine mandato è riconosciuto a chi ha ricoperto le cariche di consigliere regionale o di componente della Giunta regionale, anche se cessato dall’incarico nel corso della legislatura, con effetto retroattivo dal 1° gennaio 2013. L’ammontare è stabilito nella misura dell’ultima mensilità dell’indennità di carica lorda percepita dal consigliere/assessore cessato dal mandato, moltiplicata per ogni anno di effettivo esercizio della carica. È infine prevista una trattenuta obbligatoria dell’uno per cento, al netto delle ritenute fiscali, sull’indennità di carica dei consiglieri/assessori a titolo di contributo per la corresponsione dell’assegno di fine mandato. Per i beneficiari in carica dal 1° gennaio 2013 e cessati alla data dell’entrata in vigore della legge regionale, la ritenuta dell’uno per cento è effettuata sull’assegno di fine mandato. §§§ La norma regionale si pone in contrasto con l'art. 2, comma 1, lett. c) del decreto legge n. 174/2012 (convertito in legge n. 213/2012) che, nel dettare disposizioni in materia di riduzione dei costi della politica, aveva previsto che, a decorrere dal 2013, una quota pari all'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle Regioni (diversi da quelli destinati al finanziamento del SSN, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e al trasporto pubblico locale) fosse erogata a condizione che le Regioni avessero assolto ad una serie di adempimenti, tra cui la quantificazione dell'assegno di fine mandato dei consiglieri regionali, in modo da non eccedere l'importo riconosciuto dalla Regione più virtuosa, come individuata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni, e Province autonome di Trento e Bolzano, a meno che in alternativa le Regioni medesime non ne avessero disposto l'abolizione. Successivamente, nella seduta del 6 dicembre 2012, la Conferenza permanente ha individuato e adottato come modello più virtuoso quello che dispone l’indennità di carica mensile lorda per anno per un massimo di dieci anni. Ed in effetti, la Regione Puglia, con l’art. 2 comma 1 lett. a) della legge n. 34/2012, aveva soppresso l’assegno di fine mandato, in adeguamento di quanto previsto dal decreto legge n. 174/2012. Oggi, al contrario, l’art. 3 della legge regionale in esame, oltre ad aver reintrodotto l’emolumento in via retroattiva, non prevede il limite massimo di dieci anni nel calcolo dell’indennità di fine mandato come stabilito nel modello più virtuoso adottato dalla Conferenza permanente (indennità di carica mensile lorda per anno per un massimo di dieci anni). In tal modo viene violato il principio di leale collaborazione che, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, “deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni”, atteso che “la sua elasticità e la sua adattabilità lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti” (così in particolare, ex multis, Corte cost. n. 31/2006). D’altro canto, l’art. 3 della legge in oggetto non rispetta la cornice prescrittiva di cui al citato art. 2, comma 1, lett. c) del decreto legge n. 174/2012 con conseguente impatto, in aggiunta, sul meccanismo dei trasferimenti erariali ivi previsto. Il ripristino di tale indennità, infatti, incide sul meccanismo attributivo dei trasferimenti erariali alle Regioni, per come disciplinato dall’art. 2 comma 1 lett. c) del predetto decreto legge n. 174/2012. §§§ L’art. 2 comma 1 lett. a) della legge n. 34/2012, sopprimendo l’assegno di fine mandato, aveva soppresso anche l'obbligo in capo ai consiglieri di versare i contributi obbligatori, quale presupposto legittimante l'erogazione dell'emolumento medesimo (cfr. art. 2, comma 1, lettera b) e art. 3, comma 1, lettera b) della legge regionale n. 34/2012). L'art. 3 della legge regionale in esame reintroducendo, in via retroattiva, l'assegno di cui si discorre, non prevede, da un lato, un coordinamento con le disposizioni regionali vigenti che ne subordinano la corresponsione al versamento di contributi obbligatori (cfr. artt. 6 e 11 della legge regionale n. 8/2003). In particolare, l’art. 11 della legge regionale n. 8/2003 (disposizione non formalmente abrogata dall’art. 2 della legge regionale n. 34/2012) subordina il diritto alla corresponsione dell’assegno di fine mandato ad uno specifico versamento contributivo. Sotto altro profilo, la trattenuta obbligatoria è molto esigua (un per cento) se equiparata alle ritenute sulle buste paga dei lavoratori gestione INPS (progressiva in base all'aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti – vedansi artt. 17 e 19 del TUIR) e più bassa rispetto a quella adottata dalla maggioranza delle Regioni. In merito, l’art. 6 della legge regionale n. 8/2003 (disposizione non formalmente abrogata dall’art. 2 della legge regionale n. 34/2012) dispone che i contributi obbligatori sono trattenuti mensilmente sull’indennità di mandato in misura non inferiore al 23 per cento del suo importo lordo. In conclusione l’art. 3 della legge in oggetto, oltre a determinare l’insorgere di una spesa pubblica con efficacia retroattiva, non subordina l’erogazione dell’assegno di fine mandato ad analogo versamento contributivo. §§§ Per i suindicati motivi, l’art. 3 della legge n. 27/2021 della Regione Puglia viola il principio di leale collaborazione, come sopra esposto. Viola anche il parametro costituzionale del “coordinamento della finanza pubblica” di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. Inoltre la norma, comportando maggiori oneri per la finanza pubblica – anche con riferimento a periodi pregressi, essendo di efficacia retroattiva – non quantificati e per i quali la fonte di finanziamento non è indicata, contrasta con l’art. 81, terzo comma, Cost. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, la legge regionale in parola, all’art. 3, deve essere impugnata ex art. 127 Cost. |