Dettaglio legge regionale
Titolo | Rideterminazione del termine di validità del piano faunistico-venatorio regionale approvato con legge regionale 5 gennaio 2007, n. 1. |
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Regione | Veneto |
Estremi | Legge n. 8 del 08-02-2019 |
Bur | n. 14 del 08-02-2019 |
Settore | Politiche infrastrutturali |
Delibera C.d.M. | 04-04-2019 / Non impugnata |
La legge regionale, che proroga il termine di validità del piano faunistico-venatorio regionale approvato con legge regionale 5 gennaio 2007, n. 1, è costituzionalmente illegittima, nei limiti e per i motivi di seguito illustrati, in quanto contrastanti con la normativa europea di riferimento, violando così l’articolo 117, primo comma della Costituzione, e con gli standard di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema posti dal legislatore statale nell’esercizio della competenza esclusiva ex art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione. Si evidenzia che nell’ordinamento italiano, la vigente normativa in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio è recata dalla legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, concernente «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» ritenuta dalla Corte Costituzionale disciplina contenente, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica e il cui rispetto deve essere assicurato sull’intero territorio nazionale (Corte Cost. sent. n. 233/2010). La stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale, ha, altresì, affermato che «spetta allo Stato, nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., stabilire standard minimi e uniformi di tutela della fauna, ponendo regole che possono essere modificate dalle Regioni, nell’esercizio della loro potestà legislativa in materia di caccia, esclusivamente nella direzione dell’innalzamento del livello di tutela» (ex plurimis, sentenze n. 303 del 2103, n. 278, n. 116 e n. 106 del 2012). A. Tutto ciò premesso, si rileva che l’articolo 1 , comma 1, della legge regionale in esame ridetermina la validità del piano faunistico-venatorio, approvato con la legge regionale 5 gennaio 2007, n. 1, al 31 dicembre 2020: tale previsione risulta in contrasto: - con l'art. 14, comma 7, della legge n. 157 del 1992, che nel prevedere un arco di cinque anni per eventuali revisioni del piano, non reca alcuna specifica previsione in ordine a possibili proroghe del piano originario che ne dilatino la relativa validità in maniera indeterminata, (nel caso di specie per 3 anni) anche in considerazione dei mutamenti ambientali e delle necessità tecnico-organizzative della gestione del settore; - con l'art. 6, comma 2, lett. b) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che prevede che "sono soggetti a VAS i piani e i programmi per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del d.P.R. 8 settembre1997, n. 357, e successive modificazioni”; - con l'art. 5 - rubricato “Valutazione di incidenza (VINCA)” - comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante “Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna “, secondo cui “ i proponenti di piani territoriali, ivi compresi i piani agricoli e faunistico - venatori e le loro varianti, predispongono uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo". La prevista “ rideterminazione “ – normativamente sancita da parte del legislatore regionale veneto - del termine di validità del piano non trova alcun significato né giuridico né logico, trattandosi di fatto di una proroga di un atto la cui validità ed efficacia è scaduta dal 2012, non risultando peraltro sostenuta da alcuna espressa e valida motivazione in ordine alle ragioni che hanno indotto a disporre siffatta, ulteriore, proroga attraverso lo strumento legislativo, che di per sé, recide, altresì, le garanzie stabilite dall’istituto del procedimento amministrativo anche sotto il profilo della tutela giurisdizionale riconosciuta davanti al giudice a quo. Sotto questo profilo non può, con riferimento a quanto dianzi accennato, che ritenersi inammissibile la proroga del termine di efficacia di un atto amministrativo (pur se emanato con legge che, in casi come questo, può essere indubbiamente considerata “legge provvedimento”) qualora l'atto, la cui efficacia si intenda prolungare, sia già scaduto. La Regione avrebbe dovuto almeno ricorrere ad un procedimento di “ rinnovazione” del provvedimento originario, con la necessaria ripetizione di tutte le fasi procedimentali e la rivalutazione di tutte le circostanze di fatto e di diritto rilevanti (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 27/8/2014 n. 4384; Cons. Stato, Sez. IV, 22/1/2013 n. 360; Cons. Stato, sez. IV, 22/5/2006, n. 3025). Ciò tenuto conto che l’adozione di un piano faunistico-venatorio regionale è prevista dall'art. 10 della legge n. 157 del 1992, con valenza quinquennale, con la funzione specifica di garantire il perseguimento degli obiettivi previsti per la tutela della fauna selvatica e della gestione della stessa a fini venatori, attraverso la rilevazione ed il censimento della consistenza faunistica, l’analisi delle singole specie cacciabili e del loro status di conservazione, la determinazione dei criteri per la individuazione dei territori da destinare a particolari forme di gestione (ad es. la costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agrituristico- venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica ). Il senso, dunque, e la finalità del termine quinquennale previsto per la vigenza dei piani in oggetto non sono da ritenersi formalistici ma sostanziali, in quanto garantiscono una revisione periodica (anche mediante la valutazione di incidenza e la valutazione ambientale strategica/VAS), che verifichi le circostanziate condizioni ambientali , faunistiche e territoriali, di per sé dinamiche e mutevoli e non statiche. E’ dunque di tutta evidenza che la durata quinquennale della pianificazione faunistico venatoria, e l’effettiva vigenza, attualità e applicazione dei suoi contenuti tecnico –scientifici e pianificatori, sia dettata dalla necessità di una periodica revisione delle condizioni di conservazione sia delle specie oggetto di caccia sia dei siti. La norma in oggetto dunque , impedendo l’approvazione di un nuovo ed attuale piano faunistico venatorio regionale, viola gravemente i principi fondamentali di tutela della fauna selvatica abbassandone il livello, anziché innalzarlo come stabilito per ormai pacifico riconoscimento della Corte Costituzionale. A tal riguardo è da evidenziare che il piano faunistico - venatorio costituisce uno strumento di indirizzo per la gestione della fauna selvatica e per la programmazione dell’attività venatoria, ed è qualificabile come “piano o progetto” nel senso voluto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, in quanto espressione del potere pianificatorio, e in quale tale sottoposto a valutazione di incidenza (VINCA) e a VAS. Sotto tale profilo dal punto di vista dell’ordinamento eurounitario, la Direttiva 92/43/CEE del consiglio dell’Unione Europea prevede agli artt. 6 e 7 che qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze negative su un sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, formi oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Il recepimento della Valutazione di Incidenza, per la normativa italiana, è avvenuto con l’anzidetto decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, e con il successivo decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003 n. 120 ( “Regolamento recante modifiche e integrazioni al Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 concernente attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”), che recepiscono le indicazioni comunitarie (Dir. 92/43/CEE e Dir. 2009/147/CEE “Uccelli”) ai fini della salvaguardia della biodiversità, tra cui è prevista anche la Valutazione di Incidenza. L’art. 5, comma 4, del dPR n. 357 del 1997, prevede che l’Allegato G elenchi i contenuti della relazione per la Valutazione di Incidenza di piani e progetti I piani faunistico-venatori non possono ritenersi, inoltre, definitivamente approvati ove non siano sottoposti a VAS. La direttiva 2001/42/CE (cd. Direttiva VAS) concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, recepita con la parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, modificata e integrata dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 e dal successivo decreto legislativo, n. 128 , reca l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibili, assicurando che, ai sensi della stessa direttiva, venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente. I piani e i programmi per i quali è stata stabilita la necessità di espletare, in via preventiva, una valutazione ambientale ai sensi della direttiva Habitat sono soggetti alla procedura di valutazione alla direttiva VAS (articolo 3, comma 2, lett. b). La direttiva VAS e la direttiva Habitat, si applicano pertanto cumulativamente a tutti i piani e programmi che hanno ripercussioni sui siti protetti ai sensi dell’articolo 6 o dell’articolo 7 della direttiva Habitat. Le disposizioni che determinano l’ambito di applicazione della Direttiva sono espressi principalmente in due articoli collegati: - l’articolo 2, che sancisce determinate caratteristiche che i piani e i programmi devono avere perché la direttiva si applichi ad essi, stabilendo, in particolare, che gli stessi siano elaborati e/o adottati dalle autorità prescritte e siano previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative; - l’articolo 3, che a sua volta prevede che le norme per determinare se i piani e i programmi in questione possano avere effetti significativi per l’ambiente e se devono dunque essere oggetto di valutazione ambientale. Come dianzi accennato, il comma 2, lett. b) dell’articolo 3, fa riferimento agli articoli 6 e 7 della Direttiva Habitat, che richiedono una “valutazione opportuna” di qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere influenze significative su tale sito. Ritenere dunque che un piano abbia effetti ambientali significativi su uno o più siti ai sensi dell’articolo 6, comma 3 della direttiva 92/43/CE è condizione sufficiente per far scattare l’obbligo di applicare le procedure VAS. Da menzionare, in ultimo, anche la disposizione di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, che prevede che provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge, ponendosi conseguentemente in contrasto con il principio del buon andamento dell’azione amministrativa sancito dall’articolo 97, Cost. Per i motivi dianzi esposti, la norma regionale in esame, ponendosi in contrasto con i parametri interposti sopra citati risulta violare gli articoli 97 e 117, primo comma , e secondo comma, lett. s) della Costituzione B. Il medesimo articolo 1 , comma 1, della legge regionale, nel rideterminare la validità del piano faunistico-venatorio, approvato con la legge regionale 5 gennaio 2007, n. 1, al 31 dicembre 2020, presenta un ulteriore profilo di incostituzionalità. Il Piano Faunistico Venatorio, la cui validità viene prorogata, prevede all’articolo 26 (giornate ed orari di attività venatoria) dell’allegato A, che “I capi di fauna abbattuta devono essere annotati a recupero avvenuto sull’apposito tesserino regionale”. Tale disposizione , la cui efficacia viene ribadita dalla norma in esame, si pone in aperto contrasto con il disposto di cui all’articolo 12, comma 12- bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157, introdotto dall’articolo 31 della legge 7 luglio 2016, n. 122 (legge europea 2015-2016) al fine di superare la contestazione mossa dalla Commissione europea nell’ambito del caso EU pilot 6955/14/ENVI, relativa alla necessità di effettuare l’annotazione “subito dopo l’abbattimento di ogni singolo capo” invece che “subito dopo il recupero di ogni singolo capo”. Il parametro interposto statale anzidetto, infatti, nel prevedere che “la fauna selvatica stanziale e migratoria abbattuta deve essere annotata sul tesserino venatorio di cui al comma 12 subito dopo l'abbattimento», mira a far sì che l’annotazione del cacciatore deve avvenire a prescindere dall’effettivo recupero dell’uccello abbattuto; ciò al fine di non compromettere l’efficace applicazione degli articoli 2 e 7 della direttiva 2009/147/CE ( c.d. direttiva uccelli). Prevedendo, pertanto, la norma nazionale, l’annotazione sul tesserino venatorio subito dopo l’abbattimento, la stessa ha come scopo quello di fornire un dato reale sul prelievo venatorio la cui violazione comporta l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 31, comma 1, lett. i) della legge n. 157 del 1992. Di contro, dall’applicazione della disposizione regionale in esame potrebbero non venire riportati, sul tesserino venatorio, i capi di selvaggina feriti, non rinvenuti, o quelli che particolari condizioni di tempo, luce e sparo ne impedirebbero il recupero anche se abbattuti. Situazioni e condotte che, peraltro, sarebbero difficili da sanzionare. Ciò posto sembra evidente che la disposizione del Piano oggetto di reiterazione ex lege nella sua validità, nel prevedere che la preda abbattuta venga annotata sul tesserino venatorio a recupero avvenuto, ripropone il medesimo contrasto con la ratio della normativa nazionale citata, essendo idonea a eludere la prescritta tempestività ed accuratezza della registrazione della selvaggina effettivamente oggetto di prelievo venatorio in concessione, sulla base di carnieri massimi (giornalieri e stagionali) fissati per ciascun cacciatore dal calendario venatorio regionale. Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo eurounitario e statale in cui si colloca la tutela delle specie oggetto della disposizione censurata, si rileva il contrasto della norma regionale sia con il primo comma dell’articolo 117 della Costituzione, che impone anche alle Regioni, nell’esercizio dell’attività legislativa, il rispetto degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, che con il secondo comma, lettera s), del medesimo art. 117 Cost., poiché tendente a ridurre in peius il livello di tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione nazionale, invadendo illegittimamente la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. Per questi motivi la legge regionale, limitatamente alle norme sopra citate , deve essere impugnata di fronte alla Corte Costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione. |