Dettaglio legge regionale

Dettaglio legge regionale
Titolo Disposizioni finanziarie di interesse regionale e misure correttive di leggi regionali varie.
Regione Lazio
Estremi Legge n. 8 del 20-05-2019
Bur n. 41 del 21-05-2019
Settore Politiche economiche e finanziarie
Delibera C.d.M. 19-07-2019 / Non impugnata
La legge regionale della Regione Lazio n.8 pubblicata sul B.U.R n. 41 del 21/05/2019 recante: “Disposizioni finanziarie di interesse regionale e misure correttive di leggi regionali varie” presenta profili di non conformità alla Carta Costituzionale con riferimento all’articolo 8, comma 5, lettera d), per le motivazioni che di seguito si illustrano.
L’articolo 8, comma 5, lett. d), sostituisce il comma 1-bis dell’articolo 6 della legge regionale n. 4/2003 (Norme in materia di autorizzazione alla realizzazione di strutture e all'esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie, di accreditamento istituzionale e di accordi contrattuali), consentendo il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie da parte del Comune, a seconda dei casi previsti, anche sulla base della presentazione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) o della comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA).
Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa si è espressa sull’utilizzo della SCIA di cui all’art. 19 della legge n. 241 del 1990 (richiamato dal D.P.R. n. 411 del 1994 in materia sanitaria), affermando che la stessa non può costituire titolo legittimante all’apertura, all’esercizio e all’accreditamento delle strutture sanitarie private (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 14 febbraio 2014, n. 728).
La novella legislativa in esame crea, inoltre, una sovrapposizione di titoli (titolo edilizio e autorizzazione alla realizzazione), che, sebbene dettata da un intento di semplificazione, rischia di indurre in errore l’ente comunale, il quale dovrebbe comunque compiere sia le valutazioni sottese al rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione sia quelle relative al rilascio dei titoli edilizi, come confermato dalla recentissima giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Lazio, sez. II-quater, sent. 22 febbraio 2019, n. 2409 e Consiglio di Stato, sez. III, sent. 19 gennaio 2018, n. 363: “L'autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria viene rilasciata dalla Regione alle strutture sanitarie in possesso dei requisiti minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi, stabiliti dall'allegato al d.P.R. 14 gennaio 1997, che attengono essenzialmente alla politica, agli obiettivi, alla qualità della struttura. L'autorizzazione alla realizzazione, incidendo sul tessuto urbanistico, appartiene invece alla competenza del Comune nel cui territorio è collocata la struttura sanitaria da realizzare, previa verifica di compatibilità riservata alla Regione, da effettuarsi in relazione al fabbisogno complessivo ed alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture”).
Si rileva ulteriormente che la sovrapposizione di elementi urbanistici e sanitari (cfr. art. 8, co. 5, lett. c, che prevede l’inoltro al Comune della “richiesta, segnalazione o comunicazione…”) non è coerente con il dettato dell’art. 8-ter del decreto legislativo n. 502/1992. Ed invero, il comma 1-quinquies dell’articolo 6 della legge regionale n. 4/2003, così come modificato dalla legge regionale n. 8/2019, prevede che il Comune, a seguito della presentazione da parte del proprietario o dell’avente diritto della SCIA o della CILA, acquisisca preventivamente “su richiesta del soggetto interessato” dalla Regione il parere obbligatorio e vincolante concernente la verifica di compatibilità rispetto al fabbisogno di assistenza e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti sul territorio regionale.
Pertanto, si presume che l’autorizzazione alla realizzazione consegua alla presentazione della SCIA o della CILA (o alla realizzazione dell’intervento in edilizia libera), accompagnata dal preventivo rilascio del parere di compatibilità con il fabbisogno dalla Regione. È evidente che, in tale evenienza, il Comune non possa compiere alcuna valutazione (di programmazione urbanistica) relativamente al rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione, risolvendosi la questione nel mero rilascio del parere di compatibilità con il fabbisogno regionale espresso dalla Regione.
Si ritiene che, sotto questo profilo, la disposizione non risulti in linea con i principi della normativa statale contenuti nell’articolo 8-ter del decreto legislativo n. 502/1992, dando luogo ad un’abrogazione di fatto dell’istituto dell’autorizzazione alla realizzazione, dal momento che, in taluni casi, fa venire completamente meno le valutazioni di competenza comunale sottese al rilascio della predetta autorizzazione (che non coincidono - si ribadisce - con le valutazioni effettuate per il rilascio dei titoli edilizi).
Dalla lettura del testo della legge risultante dalla novella apportata, peraltro, non si comprende quale sia il regime a cui siano sottoposte “le strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica, in regime ambulatoriale ivi comprese quelle riabilitative” di cui all’articolo 4, comma 1, lett. a), della legge regionale n. 4/2003, atteso che le stesse non sono ricomprese nell’ambito di applicazione del comma 1-ter e del comma 1-quinquies dell’articolo 6 della stessa legge n. 4/2003, sebbene anche per esse sia previsto il preventivo rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione ai sensi del medesimo articolo 4.
Tutto ciò premesso, va considerato che in base alla giurisprudenza della Corte costituzionale, la competenza regionale in materia di autorizzazione è ricompresa nella più generale potestà legislativa concorrente in materia di “tutela della salute”, che vincola le Regioni al rispetto dei principi fondamentali fissati dalle norme statali (cfr. ex plurimis sentenze n. 200 del 2005 e n. 134 del 2006 e, più recentemente, sentenze n. 161 del 2016 e 238 del 2018). Si fa altresì presente che, ai sensi dell’articolo 29, comma 2-ter, della legge n. 241 del 1990, “attengono altresì ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti la presentazione di istanze, segnalazioni e comunicazioni, la dichiarazione di inizio attività e il silenzio assenso e la conferenza di servizi”.
Si solleva, pertanto, questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione, per violazione dei principi dettati dall’articolo 8-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992 e, quindi, dell’articolo 117, comma terzo, della Costituzione, nonché, per violazione degli articoli 19 e 29, comma 2-ter, della legge n. 241 del 1990 e, quindi, dell’articolo 117, comma secondo, lett. m) della Costituzione.

Peraltro, sotto altro profilo, va considerato che, per effetto di detta disposizione, la sussistenza del titolo abilitativo in caso di segnalazione certificata di inizio attività (lett. b), ovvero la presentazione della comunicazione di inizio lavori asseverate (lett. c), ovvero la mera esecuzione degli interventi senza alcun titolo abilitativo, nei casi di attività edilizia libera (lett. c) sono fattispecie normativamente equiparate, da parte del legislatore regionale, al rilascio di un provvedimento di autorizzazione alla realizzazione.
Dalla qualificazione della natura giuridica di siffatti istituti in termini provvedimentali o meno, discendono significative conseguenze sostanziali e processuali.
Qualificare il decorso del termine assegnato all'amministrazione per l'esercizio del potere inibitorio come un provvedimento tacito di assenso, comporta riconoscere in capo al terzo leso dal silenzio serbato dall'Amministrazione la possibilità di esercitare l'azione di annullamento ordinario avverso il provvedimento tacito.
Sul punto, si ribadisce che l'art. 19 della legge 241/1990, di disciplina della S.C.I.A., al comma 6 ter, nega la natura provvedimentale della segnalazione certificata di inizio attività.
Si deduce la natura di atto di diritto privato della DIA/SCIA, che non costituisce un provvedimento tacito direttamente impugnabile: per l'effetto, al privato spetta esclusivamente la tutela avverso il silenzio, previa sollecitazione dei poteri dell'Amministrazione.
Anche con riferimento alla comunicazione di inizio lavori asseverate, si segnala la presenza di pronunce giurisprudenziali che escludono la natura provvedimentale della CILA, ritenendola un atto del privato; ciò comporta che anche la CILA non può essere fatta oggetto di autonoma impugnazione da parte del terzo.
Le norme sui titoli abilitativi edilizi sono espressione dei principi fondamentali in materia di "governo del territorio" di cui all'art. 117, comma terzo Cost., e costituiscono oggetto di una disciplina che assurge a principio fondamentale (Corte Costituzionale, sent. n. 259 del 2014, n. 139 e 102 del 2013, n. 303 del 2003), che vincola la disciplina regionale: "la definizione delle categorie di interventi edilizi a cui si collega il regime dei titoli abilitativi costituisce principio fondamentale della materia di competenza legislativa concorrente fra Stato e regioni del "governo del territorio" vincolando la legislazione regionale di dettaglio" (Corte Costituzionale sent. n. 282/2016).

Per questi motivi la legge regionale, limitatamente alla disposizione citata, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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