Dettaglio legge regionale

Dettaglio legge regionale
Titolo Modifiche e integrazioni alla legge regionale 31 dicembre 2015, n. 37 (procedure per l’esecuzione di interventi di carattere strutturale e per la pianificazione territoriale in prospettiva sismica).
Regione Calabria
Estremi Legge n. 37 del 16-10-2019
Bur n. 114 del 16-10-2019
Settore Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. 05-12-2019 / Non impugnata
La legge regionale, che interviene, modificandola, sulla legge regionale n. 37/2015, concernente le procedure per la denuncia degli interventi di carattere strutturale e per la pianificazione territoriale in prospettiva sismica, presenta profili di illegittimità costituzionale, per i motivi di seguito riportati, con riferimento agli articoli 2, 3 e 4, che appaiono violare i principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, oltre a porsi in contrasto con principi fondamentali in materia governo e del territorio e protezione civile contenuti nel DPR 380/2001, Testo Unico dell’Edilizia, in violazione, quindi dell’articolo 117, terzo comma della Costituzione. In particolare:

1) L’articolo 2 modifica l’articolo 2 della legge regionale n. 37 del 2015, inserendo, dopo il comma 3, i nuovi commi 4, 5 e 6 che recitano testualmente:
“4. Ai sensi dell'art. 94-bis, comma 1, del d.p.r. 380/2001, ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui a capi I, II e IV della parte II del medesimo decreto e nel rispetto di quanto previsto agli articoli 52 e 83 dello stesso d.p.r., gli interventi edilizi si considerano suddivisi nelle seguenti categorie:
a) interventi "rilevanti" nei riguardi della pubblica incolumità;
b) interventi di “minore rilevanza" nei riguardi della pubblica incolumità;
c) interventi "privi di rilevanza" nei riguardi della pubblica incolumità.
5. La Regione, sulla base delle linee guida concernenti i criteri per l'assegnazione dei diversi interventi edilizi alle categorie di cui al comma 4, che saranno emanate dal Ministro delle infrastrutture e trasporti ai sensi dell'articolo 94-bis, comma 2, del d.p.r. 380/2001, predispone e adotta specifiche elencazioni di adeguamento per l'individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi ricadenti nelle fattispecie di cui al comma 4, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all'articolo 93 del d.p.r.380/2001.
6. E’ demandato al dipartimento regionale competente, il compito di predisporre le specifiche elencazioni di cui al comma 5. In caso di mancato adeguamento, le previsioni delle linee guida trovano integrale applicazione sul territorio regionale.”.

Le richiamate disposizioni, lette in combinato, stante il disposto dell’articolo 94-bis del d.P.R. n. 380 del 2001, introdotto dall’articolo 3, comma 1, lett. d), del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, determinano una sovrapposizione della normativa regionale a quella statale, causando ambiguità e incertezza in ordine alla disciplina applicabile in concreto nelle diverse ipotesi.
Il comma 2, del predetto articolo 94-bis del TUE, nel testo definitivo, stabilisce infatti che “Nelle more dell'emanazione delle linee guida, le regioni possono” soltanto “confermare le disposizioni vigenti. Le elencazioni riconducibili alle categorie di interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, già adottate dalle regioni, possono rientrare nelle medesime categorie di interventi di cui al comma 1, lettere b) e c).”;
Se alle Regione appare dunque precluso replicare il contenuto della disciplina di livello statale, si rileva, in ogni caso, che il comma 4, dell’articolo 2, della legge regionale n. 37 del 2015, introdotto dall’articolo 2 della legge regionale in esame riporta esclusivamente le categorie generali previste dall’articolo 94-bis, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001.
La disposizione genera un incertezza applicativa che si estende anche al dettato di cui al richiamato comma 5 in base al quale alla Regione, sulla base delle linee guida concernenti i criteri per l'assegnazione dei diversi interventi edilizi alle categorie di cui al comma 4, che saranno emanate dal Ministro delle infrastrutture e trasporti ai sensi dell'articolo 94-bis, comma 2, del d.P.R. 380/2001, è demandato il compito di predisporre e adottare specifiche elencazioni di adeguamento per l'individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi ricadenti nelle fattispecie di cui al comma 4, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all'articolo 93 del d.p.r.380/2001. Anche in questo caso, la legge regionale in commento riproduce il dettato di cui all’articolo 94-bis del TUE, e, segnatamente, del comma 2, che riferisce tale compito alle linee guida di livello statale relative agli interventi di cui al comma 1 del medesimo articolo 94-bis, richiamando le categorie di cui al comma 4.
Giova rammentare, in proposito, che è lo stesso comma 2 dell’articolo 94-bis del TUE a demandare alle Regioni l’adozione di specifiche elencazioni di adeguamento alle linee guida a seguito della loro emanazione.
Medesimi profili di criticità presenta anche il richiamato comma 6, primo periodo, che, nel demandare al dipartimento regionale competente, il compito di predisporre le specifiche elencazioni, fa espresso riferimento al comma 5.
In tema di distorsioni applicative di disposizioni legislative, corre l’obbligo di precisare che nella sentenza n. 107 del 2017, il Giudice delle leggi ha avuto modo di osservare che “7.2.2.– Vero è che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non ogni incoerenza o imprecisione di una norma può venire in questione ai fini dello scrutinio di costituzionalità (sentenze n. 86 del 2017 e n. 434 del 2002). Nondimeno, la stessa è invece censurabile, alla luce del principio di razionalità normativa, qualora la formulazione della stessa sia tale da potere dare luogo ad applicazioni distorte (vedi anche la sentenza n. 10 del 1997) o ambigue (sentenza n. 200 del 2012), che contrastino, a causa dei diversi esiti che essa renda plausibili, il buon andamento della pubblica amministrazione, da intendersi quale ordinato, uniforme e prevedibile svolgimento dell’azione amministrativa, secondo principi di legalità e di buona amministrazione.
7.2.3.– D’altro canto questa Corte ha già chiarito che, a differenza di quanto accade per il giudizio in via incidentale, giudizio concreto e senza parti necessarie, «il giudizio in via principale può concernere questioni sollevate sulla base di interpretazioni prospettate dal ricorrente come possibili» (sentenza n. 412 del 2004; nello stesso senso, sentenza n. 3 del 2016) o «prospettate in termini dubitativi o alternativi» (sentenza n. 189 del 2016). Orientamenti, questi, che sebbene elaborati in riferimento ai requisiti di ammissibilità, servono altresì ad evidenziare che nel giudizio in via d’azione vanno tenute presenti anche le possibili distorsioni applicative di determinate disposizioni legislative; e ciò ancor di più nei casi in cui su una legge non si siano ancora formate prassi interpretative in grado di modellare o restringere il raggio delle sue astratte potenzialità applicative (sentenze n. 449 del 2005, n. 412 del 2004 e n. 228 del 2003).
Si è parimenti affermato, con riferimento anche all’impugnativa regionale, che possono risultare costituzionalmente illegittime «per irragionevolezza […] norme statali dal significato ambiguo, tali da porre le Regioni in una condizione di obiettiva incertezza, allorché a norme siffatte esse debbano attenersi nell’esercizio delle proprie prerogative di autonomia» (sentenza n. 160 del 2016).
Ciò vale, a maggior ragione, nel caso in cui l’ambiguità semantica riguardi una disposizione regionale foriera di sostanziali dubbi interpretativi che rendono concreto il rischio di un’elusione del principio fondamentale stabilito dalla norma statale. In questa ipotesi, l’esigenza unitaria sottesa al principio fondamentale è pregiudicata dal significato precettivo non irragionevolmente desumibile dalla disposizione regionale: lungi dal tradursi in un mero inconveniente di fatto, l’eventuale distonia interpretativa, contraddittoria rispetto alla norma statale, costituisce conseguenza diretta della modalità di formulazione della disposizione, che deve essere dichiarata, dunque, costituzionalmente illegittima.”.
Infine, nella sentenza n. 89 del 2019, la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che “…«possono trovare ingresso, nel giudizio in via principale, questioni promosse in via cautelativa ed ipotetica, sulla base di interpretazioni prospettate soltanto come possibili, purché non implausibili e comunque ragionevolmente desumibili dalle disposizioni impugnate» (ex multis, sentenza n. 103 del 2018, punto 4.1. del Considerato in diritto). Nel giudizio in via principale possono dunque essere dedotte «anche le lesioni in ipotesi derivanti da distorsioni interpretative delle disposizioni impugnate» (sentenza n. 270 del 2017, punto 4.2. del Considerato in diritto).”.
Alla luce delle dirimenti considerazioni espresse dalla Consulta, l’articolo 2 della legge regionale in esame, che contiene disposizioni che si sovrappongono e si differenziano dall’articolo 94-bis del TUE, appaiono presentare profili di illegittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost..
Inoltre, in ragione del contrasto con il parametro interposto rappresentato dallo stesso articolo 94-bis del medesimo d.P.R., nel senso sopra precisato, le disposizioni stesse violano l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione “protezione civile” e “governo del territorio”. Ciò, alla luce degli orientamenti della Corte costituzionale secondo i quali, le disposizioni contenute nel Capo IV del testo unico per l’edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001) che dispongono determinati adempimenti procedurali per le zone sismiche costituiscono principio fondamentale quando rispondono ad esigenze unitarie, da ritenere particolarmente pregnanti a fronte del rischio sismico (C. Cost. n. 60 del 2017, n. 300 e n. 101 del 2013; 201 del 2012; n. 254 del 2010; n. 248 del 2009; n. 182 del 2006). Da ultimo, nella sentenza n. 232 del 2017, la Consulta, ribadito che l’articolo 94 del d.P.R. n. 380 del 2001, costituisce una disposizione di principio, con specifico riguardo agli articoli 93 e 65 del predetto d.P.R. n. 380 del 2001, ha avuto modo di osservare che “Anche in tal caso si tratta di disposizioni riconducibili alla materia della «protezione civile», di cui la necessità della previa autorizzazione scritta costituisce principio fondamentale, al quale sono strettamente e strumentalmente connessi gli obblighi di preventiva «[d]enuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche», nonché di generale preventiva denuncia dei lavori allo sportello unico, di cui agli artt. 93 e 65 del medesimo t.u. edilizia.”;

2) L’articolo 3, della legge regionale in oggetto, che inserisce l’articolo 3-ter (Controlli sulla sicurezza sismica delle opere e delle infrastrutture statali o di interesse statale) all’interno della legge regionale n. 37 del 2015, stabilisce che: “1. Non rientrano nelle competenze della Regione le attività di vigilanza e controllo per la sicurezza sismica sulle opere pubbliche, delle opere inerenti ai servizi di trasporto pubblico di interesse nazionale, delle strade e autostrade e relative pertinenze, nonché delle opere inerenti i trasporti e impianti fissi di interesse nazionale, la cui programmazione, progettazione, esecuzione e manutenzione sono svolte dalle competenti amministrazioni.”.
La norma appare eccedre dalla competenze regionali , in quanto non spetta alla Regione disporre l’attribuzione di compiti e funzioni in relazione a opere e infrastrutture statali o di interesse statale, regolate dalle specifiche discipline di settore. Anche in questo caso appaiono violati gli artt. 3 e 97 Cost. per violazione dei principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione.

3)L’articolo 4, introduce i commi 3, 4 e 5, dopo il comma 2, dell’articolo 17 della legge regionale n. 37 del 2015. Tali disposizioni prevedono che:
“3. I Comuni, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, entro e non oltre il 30 giugno 2020, costituiscono l'ufficio denominato Sportello unico per l'edilizia (SUE), di cui all'articolo 5 del d.p.r. 380/2001.
4. Le procedure previste dall’articolo 65, commi 1 e 6 e dall'articolo 93 del d.p.r.380/2001 sono effettuate presso il SUE di cui al comma 3.
5. Nelle more dell'assolvimento dell'obbligo di cui al comma 3, le procedure indicate al comma 4 sono effettuate presso i settori tecnici regionali competenti per territorio.”.
Al riguardo, si rileva che il combinato disposto dei richiamati commi 4, nella parte in cui fa riferimento alla procedura prevista dall’articolo 93 del d.P.R. n. 380 del 2001, e 5 che, solo in via transitoria, attribuisce le procedure disciplinate dal suddetto articolo 93 del TUE ai settori tecnici regionali competenti per territorio, induce a ritenere che, nell’ordinamento regionale, tali procedure, a regime, saranno svolte dagli Sportelli unici per l’edilizia, una volta istituiti a livello comunale
Si ricorda, in proposito, che in base all’articolo 93, comma 1, del TUE “Nelle zone sismiche di cui all’articolo 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazione e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione…”.
Inoltre, vengono in rilievo ulteriori profili di mancato adeguamento e, quindi, di contrasto con la disciplina statale di riferimento, se si considera che le nuove disposizioni dell’articolo 17 della legge regionale n. 37 del 2015 richiamano i commi 1 e 6 dell’articolo 65 del TUE. Sul punto si evidenzia che, in base all’articolo 93 del TUE, comma 5, “Per tutti gli interventi il preavviso scritto con il contestuale deposito del progetto e dell’asseverazione di cui al comma 4, è valido anche agli effetti della denuncia dei lavori di cui all’articolo 65” e che al comma 8-bis dell’articolo 65 dello stesso d.P.R. “Per gli interventi di cui all’articolo 94-bis, comma 1, lett. b), n. 2) e lettera c), n. 1, non si applicano le disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 8.”.
Sotto tali aspetti, pertanto, le disposizioni regionali in commento, ponendosi in contrasto con le disposizioni di principio di cui all’articolo 93, commi 1 e 5 e 65, comma 8-bis, appaiono violare l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione. che nelle materie “protezione civile” e “governo del territorio” attribuiscono alle Regioni potestà legislativa concorrente, quindi nei limiti dei principi fondamentali espressi dallo Stato.

Per questi motivi la legge regionale, limitatamente alle disposizioni sopra indicate, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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