Dettaglio legge regionale
Titolo | Disposizioni in materia di enti locali. |
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Regione | Veneto |
Estremi | Legge n. 2 del 24-01-2020 |
Bur | n. 11 del 28-01-2020 |
Settore | Politiche ordinamentali e statuti |
Delibera C.d.M. | 16-03-2020 / Non impugnata |
La legge della Regione Veneto n. 2 del 2020, recante “Disposizioni in materia di enti locali”, presenta profili d’illegittimità costituzionale. La legge regionale in oggetto, recante disposizioni in materia di enti locali, interviene sulla vigente disciplina regionale dell’esercizio associato di funzioni e servizi comunali. In particolare, l’articolo 2 del testo in esame, sostituendo l’articolo 2 della precedente legge regionale nella materia 27 aprile 2012, n. 18, stabilisce, al comma 1, l’obbligo dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti oppure fino a 3.000 abitanti, qualora compresi nell’area geografica omogenea montana e parzialmente montana, all’esercizio associato delle funzioni fondamentali, come individuate dalla normativa statale, e prevede al comma 5, che per essi resta salva la possibilità di dimostrare che, a causa della particolare collocazione geografica e dei caratteri demografici e socio-ambientali, non sono realizzabili economie di scala o miglioramenti, in termini di efficacia ed efficienza, nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento. Al riguardo, si ritiene che le disposizioni siano censurabili per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione in quanto esse, attualizzando l’obbligo dell’esercizio associato di tali funzioni e prevedendo meccanismi di esonero dal suddetto obbligo, laddove particolari caratteri dell’ente, anche geografici o demografici e socio-ambientali, non consentano, ai comuni obbligati, di realizzare economie di scala o miglioramenti in termini di efficacia e di efficienza, si sovrappongono, con contenuto aggiuntivo, alle vigenti disposizioni poste sulla materia dalla legislazione statuale. In particolare, la norma è censurabile ai sensi dell’articolo 117, comma 1, lettera p) della Costituzione in quanto essa: a) rende, in primo luogo, immediatamente effettivo l’obbligo dell’esercizio associato delle funzioni fondamentali da parte dei piccoli comuni, rispetto a quanto disposto dalla legislazione statale nella materia che, pur avendo anch’essa stabilito il principio dell’esercizio associato obbligatorio delle funzioni da parte di tali enti (articolo 14, comma 28 del decreto-legge n. 78 del 2010) ne ha tuttavia, sin da allora, differito il termine di attuazione, che è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2020, ai sensi dell’articolo 18-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8. Tale differimento è, infatti, parso necessario ancor più per consentire al legislatore statale una doverosa riflessione nella materia, che a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2019 - che ha dichiarato illegittimo l’articolo 14, comma 28, della legge originaria, proprio nella parte in cui esso non prevede che gli enti interessati possano dimostrare, ai fini dell’esonero dall’obbligo, in un contesto di comuni obbligati e non obbligati, la sussistenza di circostanze geografiche o demografiche tali da non consentire economie di scala - dovrà individuare gli opportuni correttivi normativi da applicare, uniformemente ed in via omogenea, al fine di delineare un nuovo modello di esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali, che sostenga le esigenze di efficientamento dei piccoli comuni, in armonia con le indicazioni espresse dal Giudice delle leggi. b) In secondo luogo, pur considerando l’intenzione della Regione di recepire, con il comma 5, il dispositivo della Corte, si osserva che esso non appare comunque pienamente conforme al tenore testuale della sentenza, la quale - ai fini dell’esonero dall’obbligo - consente ai comuni obbligati di valutare, attraverso una serie di parametri specificamente indicati, la non realizzabilità delle economie di scala in un contesto di comuni “obbligati e non obbligati”. Si considera che la norma regionale, riferendo invece l’applicabilità di tali parametri solo ai comuni “obbligati” è tale da mutare, vanificandolo, l’effetto applicativo della decisione del Giudice delle leggi, determinando inoltre una significativa sovrapposizione e disomogeneità nella materia, con piena violazione della competenza legislativa statuale nella disciplina delle funzioni fondamentali dei comuni. Infatti, secondo il meccanismo declinato dalla legge regionale, che consente la verifica sulle economie di scala ai soli Comuni obbligati, ossia a quelli aventi popolazione inferiore ai 5000 o 3000 a seconda dei casi, detta dimostrazione appare più facilmente conseguibile, esentando dall’esercizio associato; in questo modo non verrebbe valutato l’apporto dei Comuni non obbligati, cui peraltro la sentenza della Corte fa esplicito riferimento nel dispositivo della sentenza, che con la loro partecipazione potrebbero supportare l’unione a fronte, realizzando per tale via un più aderente rispetto della normativa statale che è appunto favorevole all’ esercizio associato. In sostanza con il modello proposto dalla citata legge regionale, che invade la competenza statale di cui all’articolo 117, comma 1, lettera p) della Costituzione - si realizzerebbe più facilmente l’esonero dall’obbligo dell’esercizio associato. Si reputa, diversamente, che in coerenza con il dispositivo della Corte, tale processo debba intendersi ricondotto “in un contesto di comuni obbligati e non obbligati”, quale presupposto modulo associativo non solo per la realizzazione delle finalità di sostegno all’esercizio delle funzioni fondamentali, considerate dal legislatore statale per tali enti, ma anche per un efficace svolgimento delle medesime. Per i motivi esposti, si ritiene che le norme regionali sopra indicate debbano essere impugnate dinanzi alla Cote Costituzionale, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione. |