Dettaglio legge regionale
Titolo | Modifiche alla legge regionale 8 ottobre 2009, n. 22 “Interventi della Regione per il riavvio delle attività edilizie al fine di fronteggiare la crisi economica, difendere l’occupazione, migliorare la sicurezza degli edifici e promuovere tecniche di edilizia sostenibile” e alla legge regionale 2 agosto 2017, n. 25 “Disposizioni urgenti per la semplificazione e l’accelerazione degli interventi di ricostruzione conseguenti agli eventi sismici del 2016”. |
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Regione | Marche |
Estremi | Legge n. 2 del 29-01-2020 |
Bur | n. 11 del 06-02-2020 |
Settore | Politiche infrastrutturali |
Delibera C.d.M. | 06-04-2020 / Non impugnata |
La legge regionale, che detta modifiche alla legge regionale 8 ottobre 2009, n. 22 "Interventi della Regione per il riavvio delle attività edilizie al fine di fronteggiare la crisi economica, difendere l'occupazione, migliorare la sicurezza degli edifici e promuovere tecniche di edilizia sostenibile" e alla legge regionale 2 agosto 2017, n. 25 "Disposizioni urgenti per la semplificazione e l'accelerazione degli interventi di ricostruzione conseguenti agli eventi sismici del 2016"”, pubblicata sul B.U.R. 6 febbraio 2020, n. 11 è censurabile con riferimento alla disposizione contenuta nell’ articolo 1 che, , per i motivi di seguito specificati, si pone in contrasto con gli articoli 3 e 97 e 117 , secondo comma lettera l) e terzo comma della Costituzione. In particolare: L’articolo 1, della legge regionale in esame sostituisce il comma 9 dell'articolo 4 della legge regionale 8 ottobre 2009, n. 22 (Interventi della Regione per il riavvio delle attività edilizie al fine di fronteggiare la crisi economica, difendere l'occupazione, migliorare la sicurezza degli edifici e promuovere tecniche di edilizia sostenibile), che definisce l'ambito di applicazione della predetta legge, mediante un nuovo comma 9 e un comma aggiuntivo 9-bis. In via preliminare si evidenzia che il comma 9 dell’articolo 4 della legge regionale n. 22 del 2009, nel testo previgente, stabiliva che gli interventi previsti dalla medesima legge non potessero essere considerati interventi in sanatoria. Ciò premesso, si evidenzia che il comma aggiuntivo 9-bis, recita testualmente: “9-bis. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 36 del D.P.R. 380/2001 costituiscono disciplina urbanistica ed edilizia vigente anche le disposizioni contenute in questa legge e gli interventi in essa previsti possono essere considerati ai fini della relativa sanatoria.” Tale modifica normativa presenta profili di criticità dal momento che introduce la possibilità di sanatoria ai sensi dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia (d.P.R. 380/001) per una serie di interventi edilizi tassativamente indicati nella legge n. 22/2009 (ampliamento, recupero dei sottotetti, demolizione e ricostruzione) per i quali l' art. 4, comma 1, della stessa legge consente la deroga agli strumenti urbanistici vigenti purché gli interventi in questione riguardino edifici in corso di ristrutturazione o ultimati alla data del 31.12.2008. Si tratta di interventi che determinano aumenti di superfici e di volumetrie e che incidono, quindi, sul carico urbanistico. Al riguardo, correttamente la precedente versione dell'art. 4, comma 9, della legge n. 22/2009 escludeva la possibilità di considerare gli interventi edilizi in esame "interventi in sanatoria", stante il carattere eccezionale e derogatorio degli stessi. Di contro, il nuovo comma 9 -bis introdotto dalla legge n. 2/2020 estende l'ambito di operatività della "sanatoria" prevista dall'art. 36 d.P.R. 380/2001 attribuendo alle disposizioni regionali del 2009, che legittimano i citati interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici ed in presenza di specifici presupposti, carattere di disciplina urbanistica ed edilizia vigente ai fini della verifica della doppia conformità richiesta dal citato art. 36. Si tratta, in realtà, di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che diventano conformi alle norme edilizie e agli strumenti di pianificazione urbanistica solo a seguito del nuovo intervento normativo regionale. Ciò sembra porsi in contrasto con quanto affermato anche dal Consiglio di Stato (Sez. 5, sent. n.3220 dell'li giugno 2013) secondo cui l'art. 36, in quanto norma derogatoria al principio per il quale i lavori realizzati sine titulo sono sottoposti alle prescritte misure ripristinatorie e sanzionatorie, non è suscettibile di applicazione analogica né di interpretazione riduttiva. Ancora la stessa Cassazione, in tema di "sanatoria giurisprudenziale" o "impropria", richiamando l'orientamento del Consiglio di Stato ha precisato che il divieto legale di rilasciare un permesso in sanatoria anche quando, dopo la commissione dell'abuso, vi sia una modifica favorevole dello strumento urbanistico, è giustificato dalla necessità di "evitare che il potere di pianificazione possa essere strumentalizzato al fine di rendere lecito ex post (e non punibile) ciò che risulta illecito (e punibile)", oltre che dall'esigenza di "disporre una regola senz'altro dissuasiva dell'intenzione di commettere un abuso, perché in tal modo chi costruisce sine titulo sa che deve comunque disporre la demolizione dell'abuso, pur se sopraggiunge una modifica favorevole dello strumento urbanistico (in tal senso Cass, sez. 3, n. 45845 del 19/09/2019; Cass, sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014; Cons. St, Sez. 5, n. 1324 del 17 marzo 2014). Sul punto si è pronunciata anche la Corte Costituzionale (sent. 22-29/05/2013 n. 101) che, esaminando la compatibilità costituzionale della legislazione adottata dalla Regione Toscana in materia di governo del territorio e rischio sismico, ha affermato che il principio fondamentale della legislazione statale in materia di provvedimento di sanatoria delle opere abusive ricavabile dall'art. 36 T.U. - che esige il rispetto del requisito della doppia conformità - "risulta finalizzato a garantire l'assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l'arco temporale compreso tra la realizzazione dell'opera e la presentazione dell'istanza volta ad ottenere l'accertamento di conformità". Nella medesima sentenza la Consulta ha ulteriormente osservato che, diversamente dal condono, la sanatoria ordinaria "è stata deliberatamente circoscritta dal legislatore ai soli abusi "formali", ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, rendendo così palese la ratio ispiratrice della previsione della sanatoria in esame, "anche di natura preventiva e deterrente", finalizzata a frenare l'abusivismo edilizio, in modo da escludere letture "sostanzialiste" della norma che consentano la possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, ma con essa conformi solo al momento della presentazione dell'istanza per l'accertamento si conformità. La norma censurata presenta, pertanto, profili di illegittimità costituzionale, con riferimento: all' art. 117, comma 2, della Costituzione , per violazione del principio della riserva di legge statale in materia penale, atteso che la sanatoria introdotta con legge regionale n. 2/2020 comporta l'estinzione del reato contravvenzionale (art. 45, comma 3, TUEL); all'art. 117, comma 3, della Costituzione in relazione alla materia "governo del territorio", risultando evidente la violazione di norme di principio contenute nel Testo Unico dell'edilizia ed in particolare nell'art.36. A ciò si aggiunga che una disposizione regionale sostanzialmente analoga , l’articolo 8, comma 1, lettera l) della legge della Regione Campania 5 aprile 2016, n. 6, è già stata colpita da declaratoria di illegittimità costituzionale. Infatti, al riguardo, nella sentenza n. 107 del 2017, la Corte costituzionale, sulla base delle argomentazioni di cui ai punti da 7.1 a 7.3 del Considerato in diritto, ha rilevato il contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione, in ragione dell’ “ambiguità semantica” della disposizione regionale foriera di sostanziali dubbi interpretativi che rendono concreto il rischio di un’elusione del principio fondamentale stabilito dalla norma statale di cui all’articolo 36 del d.P.R. n. 380 del 2001. E’ stata, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 4-bis, della legge della Regione Campania 28 dicembre 2009, n. 19 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa), come sostituito dall’art. 8, comma 1, lettera l), della legge della Regione Campania 5 aprile 2016, n. 6 (Prime misure per la razionalizzazione della spesa e per il rilancio della economia campana – Legge collegata alla legge regionale di stabilità per l’anno 2016), nella parte in cui fa riferimento «alla stessa legge» anziché «alla disciplina edilizia ed urbanistica vigente». Alla luce della citata giurisprudenza costituzionale anche la norma in esame della Regione Marche risulta adottata in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione. Per questi motivi la legge regionale, limitatamente alla disposizione contenuta nell’articolo 1, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione. |