Dettaglio legge regionale

Dettaglio legge regionale
Titolo Norme sul controllo del randagismo, anagrafe canina e protezione degli animali da affezione. Abrogazione della legge regionale 3 aprile 1995, n. 12 (Interventi per la tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo).
Regione Puglia
Estremi Legge n. 2 del 07-02-2020
Bur n. 18 del 10-02-2020
Settore Politiche socio sanitarie e culturali
Delibera C.d.M. 06-04-2020 / Non impugnata
La legge della Regione Puglia n. 2 del 07/02/2020, recante “Norme sul controllo del randagismo, anagrafe canina e protezione degli animali da affezione. Abrogazione della legge regionale 3 aprile 1995, n. 12 (Interventi per la tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo)”, presenta i seguenti profili d’illegittimità costituzionale.

1) L’art. 9, ai commi 3 e 5, prevede l’affido temporaneo a soggetti privati di animali presenti nei canili sanitari o rifugi.
In particolare il comma 3 dell'art.9 prevede che “L'affido è disposto in forma temporanea, nel caso in cui non siano trascorsi sessanta giorni dall'accalappiamento, in questo caso gli affidatari si impegnano a restituire l'animale ai proprietari che ne fanno richiesta scritta entro i suddetti termini”; inoltre il comma 5 prevede che “Nel caso di cessione di animali non sterilizzati, prima dello scadere del termine di cui all'articolo 5, comma 3, per motivi di età o di salute, è fatto obbligo agli affidatari, previo accordo con il servizio veterinario competente per territorio, di condurre gli stessi presso gli ambulatori dei servizi veterinari della ASL o strutture regolarmente convenzionate con gli stessi, per essere sottoposti a intervento di sterilizzazione chirurgica. Solo dopo la sterilizzazione, l'affidamento potrà essere trasformato in adozione; agli stessi animali sono garantite le prestazioni sanitarie di cui all'articolo 15”.
Tali norme regionali che consentono l’affidamento temporaneo dei cani prima del decorso dei sessanta giorni dall’accalappiamento e senza che sia stato loro effettuato il preventivo trattamento profilattico contro le malattie trasmissibili, si pongono in contrasto con la normativa statale di riferimento, e in particolare con l’art. 2, comma 5, della legge quadro n. 281 del 1991 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), che consente la cessione a privati degli animali ricoverati nei canili solo dopo che siano trascorsi sessanta giorni dal giorno del loro ricovero in tali strutture, senza che ne sia stata reclamata da alcuno la proprietà, e previo trattamento profilattico contro le malattie trasmissibili. L’art. 2, comma 5, della legge quadro n. 281 del 1991 prevede infatti che “I cani vaganti non tatuati catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, devono essere tatuati; se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili”.
Pertanto le norme regionali in esame, che non rispettano le condizioni poste dalle norme statali per la cessione dei cani, eccedono dalle competenze regionali. In particolare il comma 3 dell'art. 9 invade la materia del diritto privato in quanto il menzionato art. 2, comma 5, della legge-quadro n. 281 del 1991, disponendo che i cani ospitati presso i canili pubblici possono essere ceduti a privati solo se non reclamati entro il termine di sessanta giorni, detta una condizione il cui verificarsi costituisce sia la prova dell’avvenuto abbandono del cane sia il termine a partire dal quale è possibile la sua cessione a privati. Tale norma regionale, pertanto, ponendosi in contrasto con una norma che regola i rapporti tra privati, da applicare in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, viola l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
Inoltre entrambe le norme regionali in esame, non attenendosi alle ulteriore condizione imposta dalla menzionata normativa statale, che consente la cessione a privati “previo trattamento profilattico contro le malattie trasmissibili”, contrastano con i principi fondamentali in materia di tutela della salute in violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione. Né può ritenersi sufficiente la generica previsione contenuta nel comma 5 secondo la quale “ agli stessi animali sono garantite le prestazioni sanitarie di cui all'articolo 15” in quanto tale previsione non rassicura in ordine all’effettivo compimento di tali prestazioni, non essendo previste verifiche in tal senso, neppure ai finì della successiva adozione: infatti solo l'avvenuta sterilizzazione degli animali, secondo la norma regionale, costituisce condizione per la trasformazione dell’affidamento in adozione.

2) Gli articoli 23, 24 e 30, recanti la disciplina degli obblighi e delle conseguenti sanzioni amministrative previste per l'addestramento e l'educazione di animali da affezione e per la detenzione degli stessi, ribadiscono il contenuto precettivo di norme, di natura penale, riconducibili alla competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere h) ed l), della Costituzione, in materia di ordine pubblico e sicurezza, giurisdizione e norme processuali.
Pur condividendo la finalità sottesa alle scelte legislative, volte alla tutela e alla protezione degli animali da affezione e al controllo del randagismo, si osserva che la Regione declina, tra le condotte sanzionabili sotto il profilo amministrativo, comportamenti corrispondenti e riconducibili a diverse ipotesi di reato - art. 544-ter c.p. (Maltrattamento di animali), art. 672 c.p. (Omessa custodia e malgoverno di animali), art. 727 c.p. (Abbandono di animali - già previste dal legislatore statale, che ha statuito, per alcune di esse, financo la pena della reclusione.
Si tratta, in particolare:
a) della sanzione prevista dall'articolo 30, comma 1, lettera a) per chi abbandona il proprio animale custodito nella propria abitazione (v. per le sanzioni articolo 30, comma 1, lettera a). La condotta appare sussunta nell'articolo 727, comma 2, del codice penale che applica la stessa pena prevista per il reato di abbandono (Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività....) anche nei riguardi di chiunque detenga animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze. Peraltro sul parametro normativo della natura degli animali, in base al quale la condotta di detenzione assume valenza illecita, la giurisprudenza e la dottrina indicano che occorre rifarsi, per le specie più note, al patrimonio di comune esperienza e conoscenza;
b) del divieto, posto dall'articolo 23, comma 1, di addestramento tramite violenze, percosse o costrizione fisica in ambienti che impediscano all'animale di manifestare i comportamenti tipici della specie, di uso di collari con punte interne o elettriche ( v. per le sanzioni l'articolo 30, comma 1, lettera g). La condotta appare sussunta nell'articolo 544-ter del codice penale, relativa al reato di maltrattamento di animali per l'ipotesi di chi sottopone l'animale a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche;
c) degli obblighi e dei divieti di cui all'articolo 24, comma 2, concernente il divieto di utilizzo di strumenti di contenzione nei riguardi degli animali e di utilizzo di collari a strozzo ( v. per le sanzioni l'articolo 30, comma 1, lettere h) ed i). Anche in questo caso la condotta appare sussunta nell'articolo 544-ter del codice penale, relativa al reato di maltrattamento di animali.
Va rilevato che in diverse ipotesi viene "Fatta salvo l'applicazione di ulteriori sanzioni previste dalla normativa nazionale..." e "...salvo che il fatto non costituisca reato" ma ciò non sembra elidere lo sconfinamento nell'alveo delle scelte di politica criminale, sottratto alla cognizione del legislatore regionale.
La giurisprudenza costituzionale ha, infatti, ripetutamente affermato che spetta allo Stato adottare le misure «relative alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso quest'ultimo quale complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale» (sentenze n. 118 del 2013, n. 35 del 2011, n. 226 del 2010, n. 50 del 2008, n. 222 del 2006, n. 428 del 2004, n. 407 del 2002).
Non risulta, altresì, neanche applicabile un possibile concorso tra norma penale e sanzione amministrativa regionale cosi come disciplinato dall'articolo 9, comma 2, della legge 689 del 1981, avendo la cennata normativa regionale disciplinato materia già regolata dalla legge statale sotto ii profilo penale.
E' infatti consolidato l'orientamento della stessa Corte costituzionale circa le ipotesi di novazione della fonte da parte della legge regionale in ambiti di competenza esclusiva statale. Al riguardo è stato precisato che la novazione della fonte, con intrusione negli ambiti di competenza statale, costituisce causa di illegittimità della legge regionale, derivante non dal modo in cui essa ha disciplinato, ma dal fatto stesso di aver disciplinato una materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato (tra le ultime vedasi le sentenze n. 40 del 2017 e n. 18 del 2013).
Pertanto, la previsione, in carico alla Regione, di una potestà sanzionatoria amministrativa ulteriore ed aggiuntiva rispetto alla sanzione "statale" al fine di potenziare gli strumenti di prevenzione e contrasto ai fenomeni di maltrattamento, omessa custodia e malgoverno ed abbandono di animali d'affezione, appare lesiva del riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, cosi come delineato dall'articolo 117 della Costituzione, con riguardo alle materie dell'ordine pubblico e della sicurezza, e dell'ordinamento penale, riservate rispettivamente, come noto, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, a norma del secondo comma, lettere h) e l), del citato articolo.

Per i motivi esposti, le norme regionali sopra indicate debbono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.
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