Dettaglio legge regionale
Titolo | Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 18 gennaio 2010, n. 2 “Istituzione della rete escursionistica della Regione Marche”. |
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Regione | Marche |
Estremi | Legge n. 10 del 05-03-2020 |
Bur | n. 23 del 12-03-2020 |
Settore | Politiche infrastrutturali |
Delibera C.d.M. | 09-05-2020 / Non impugnata |
La legge regionale, che detta norme di modifica e integrazioni alla legge regionale 18 gennaio 2010, n. 2 "Istituzione della rete escursionistica della Regione Marche”, presenta aspetti illegittimità costituzionale con riferimento alle disposizioni contenute negli articoli 2 e 3 che, per le motivazioni di seguito specificate, risultano violare il Codice della Strada , d. lgs. n. 285/1992 , e quindi prescrizioni riguardanti la sicurezza stradale, materia questa che , come affermato dalla Corte costituzionale, rientra nella competenza esclusiva dello Stato in materia sicurezza, nonché di ordinamento civile e penale, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma lettere h ) ed l) della Costituzione. La Corte Costituzionale, sin dalla sentenza n, 428 del 2004 , ha infatti affermato che considerazioni di carattere sistematico inducono a ritenere la disciplina della circolazione stradale riconducibile, sotto diversi aspetti, a competenze statali esclusive, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione. In primo luogo, l'esigenza di assicurare l'incolumità personale dei soggetti coinvolti nella circolazione (conducenti, trasportati, pedoni) pone problemi di sicurezza, ricadendo, così, nella materia «ordine pubblico e sicurezza». Inoltre, la disciplina della circolazione stradale, in quanto funzionale alla tutela dell'incolumità personale, mira senza dubbio a prevenire una serie di reati ad essa collegati, come l'omicidio colposo e le lesioni colpose, e, pertanto, essa trova, anche sotto questo diverso profilo, la sua collocazione nella materia «ordine e sicurezza pubblica». La Corte ha altresì affermato che la normativa inerente alla circolazione stradale non può essere ricondotta unicamente alla materia "sicurezza", perché la disciplina dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore si inquadra certamente nella lettera l) del secondo comma dell'art. 117, nella parte in cui attribuisce alla competenza statale esclusiva la materia dell'«ordinamento civile». Così per le sanzioni amministrative delle infrazioni al codice della strada vale il principio generale secondo cui la competenza a dettare la disciplina sanzionatoria rientra in quella a porre i precetti della cui violazione si tratta. Ciò premesso, con riferimento alla legge regionale in esame , si evidenzia preliminarmente che essa interviene con modifiche puntuali della legge regionale 18 gennaio 2010, n. 2, non esplicitando , né in tale legge regionale né nella norma oggi in esame, in modo chiaro l’ambito di applicazione in relazione all’ambito di applicazione del Codice della Strada (limitato alle strade aperte all’uso pubblico) e in particolare alla classificazione tecnico-funzionale e amministrativa delle strade stabilita dal Codice stesso, determinando così una sovrapposizione delle disposizioni regionali con la disciplina della viabilità contenuta nel Codice della Strada. In particolare , la legge 18 gennaio 2010, n. 2, all’articolo 3, commi 1 e 2, prevede che: “1. Ai fini della presente legge è Rete escursionistica Marche (RESM) l’insieme delle strade carrarecce, mulattiere, tratturi, piste ciclabili e sentieri riportati sulle carte dell’Istituto geografico militare e sulla cartografia regionale e comunale o comunque esistenti con evidenza sul territorio, piste, strade vicinali, interpoderali e comunali che, ubicate prevalentemente al di fuori dei centri urbani ed inserite nel catasto di cui all’articolo 4, consentono l’attività di escursionismo. 2. La viabilità ricompresa nella RESM è considerata, ai sensi della presente legge, di interesse pubblico in relazione alle funzioni e ai valori sociali, culturali, ambientali, paesaggistici, didattici e di tutela del territorio insiti in essa e riconosciuti nelle attività ad essa pertinenti e correlate.” La legge oggi in esame, con l’articolo 2 , inserisce un articolo 7.1 nella legge regionale n. 2 del 2010, rubricato “Pratica della mountain bike e gestione dei relativi servizi”. Detta nuova norma presenta i profili di criticità di seguito individuati : - l’articolo 7.1, comma 2 dispone che i percorsi mountain-bike si sviluppano, in primis, su strade carrabili e su sentieri (mulattiere e tratturi); poiché non solo le strade ma anche i sentieri rientrano nelle definizioni (art. 3, comma 1, n. 48) del Codice della Strada, appare evidente che non può essere adottata dalle regioni, una disciplina su tali tipologie di strade, qualora aperte all’uso pubblico, in contrasto con la norma statale. Si evidenziano inoltre definizioni e terminologie improprie e non coerenti con il Codice della Strada; - il medesimo articolo 7.1 , al comma 4, prevede che “ 4. Fatto salvo quanto previsto dalla normativa statale e regionale vigente in materia di tutela dei beni ambientali, naturali e paesaggistici e da specifici regolamenti di fruizione, i percorsi di cui al comma 1 possono essere: a) a transito misto, ossia liberamente accessibili a mountain bike, pedoni e utenti a cavallo nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) del comma 2, salvo diverso provvedimento adottato ai sensi del comma 6; b) a transito esclusivo delle mountain bike, nelle ipotesi di "single track" o "bike park" di cui alle lettere c) e d) del comma 2, con l'obbligo di affissione dei cartelli di divieto di transito ai pedoni all'inizio, alla fine della traccia e a tutti gli incroci con strade e sentieri da parte degli enti competenti o del soggetto gestore” . Da tale previsione si ricava che gli enti territorialmente competenti possono stabilire la disciplina nelle due distinte forme di cui alle lettere a) e b) (prevedendo addirittura la possibilità del divieto di transito dei pedoni). Ciò si pone in contrasto con l’art. 6 del Codice della Strada, che regolamenta la circolazione fuori dei centri abitati, stabilendo peraltro “ ex lege” una disciplina restrittiva, che elude, peraltro, il principio che il provvedimento di divieto o limitazione della circolazione debba essere motivato. Infatti, il divieto di percorrenza di un tratto stradale ai pedoni è generalmente motivato in relazione alla presenza di condizioni di insicurezza, che inducono quindi a prevederne il divieto. Nel caso in esame, invece, si intende riservare delle tratte alle sole mountain bike, il che si ritiene possa risultare possibile solo nel caso di circuiti chiusi e non accessibili (non risultando una segnaletica di divieto ai pedoni sufficiente ad evitare il transito e consentire adeguate condizioni di sicurezza); - Inoltre, dal medesimo comma 4 del neo introdotto articolo 7.1 della legge regionale n. 2/2010, ancorché indirettamente, si ricava il divieto di transito su tali tipologie di strade di qualunque veicolo a motore, il che appare in contrasto sempre con l’art. 6 del Codice della Strada. Valgono, pertanto, le considerazioni soprariportate; il comma 9 dell’articolo 7.1 in esame stabilisce che “9. I percorsi MTB devono essere adeguatamente segnalati da parte del soggetto gestore secondo modalità stabilite nell'Allegato A di cui al comma 8, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 6, al fine di garantire il rispetto dell'ambiente e la sicurezza delle persone”. Tale disposizione contrasta con gli artt. 37 e 45 del Codice della Strada, sia per quanto riguarda i poteri attribuiti ai gestori dei percorsi MTB, che possono non essere i proprietari della strada, sia perché si introduce una inammissibile eterogeneità della segnaletica rispetto a quella regolamentare; - Lo stesso articolo 7. 1, al comma 10, stabilisce che : “10. Fatto salvo quanto previsto dal D.Lgs. 285/1992, su qualsiasi percorso MTB i bikers osservano specifiche regole di comportamento che tutelino la propria e l'altrui sicurezza, individuate nel suddetto Allegato A e comunque nel rispetto delle seguenti disposizioni: a) utilizzo di un casco protettivo omologato secondo la normativa tecnica vigente in materia; b) la pratica della MTB è sempre vietata sui terreni coltivati; c) la pratica delle discipline di discesa pura (downhill) è consentita solo nei percorsi a transito esclusivo delle MTB di cui alla lettera b) del comma 4; d) la pratica della mountain-bike può essere sempre svolta anche con MTB a pedalata assistita (ebike), purché avente caratteristiche conformi ai velocipedi, cosi come definiti dall'articolo 50 del D.Lgs. 285/1992.” Tale previsione, seppure fa salvo quanto previsto dal d.lgs. 285/1992, pone l’obbligo di indossare il casco protettivo per i biker : ciò, anche se ispirato al condivisibile intento di presidiare la sicurezza, nondimeno presenta un contrasto con l’art. 182 del Codice della Strada che non prevede l’obbligo del casco per i conducenti dei velocipedi, tra cui rientrano le mountain-bike; Infine, l’articolo 3 introduce un comma 1 bis all’articolo 7-ter nella legge regionale n. 2/2010, disponendo : “ "1-bis. Fatto salvo quanto previsto dal D.Lgs. 285/1992 e dal relativo regolamento di esecuzione, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50,00 a euro 500,00: a) per la violazione delle disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 10 dell'articolo 7.1; b) per la violazione delle disposizioni contenute nell'Allegato A di questa legge.". La norma si presenta illegittima in quanto viola il principio di specialità enunciato dall’articolo 9 della legge n. 689 del 1981, secondo cui non è consentito, con legge regionale, sovrapporre ad un sistema sanzionatorio tipizzato in una normativa speciale, quale è quella prevista dal Codice della Strada, nuove e differenti sanzioni pecuniarie. Per i motivi sopra descritti, la legge regionale, limitatamente alle disposizioni contenute negli articoli sopra evidenziati, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere h) ed l) della Costituzione, che riserva alla potestà esclusiva statale la materia di sicurezza ed dell’ordinamento civile e penale , materie nelle quali rientra la disciplina contenuta nel Codice della Strada. |