Dettaglio legge regionale
Titolo | Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nella fase di ripresa delle attività. |
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Regione | Bolzano |
Estremi | Legge n. 4 del 08-05-2020 |
Bur | n. 19 del 08-05-2020 |
Settore | Politiche socio sanitarie e culturali |
Delibera C.d.M. | 25-06-2020 / Non impugnata |
La legge della Provincia di Bolzano 8 maggio 2020, n. 4, recante “Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nella fase di ripresa delle attività", presenta profili d’illegittimità costituzionale. La legge provinciale in esame detta le misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nella fase di ripresa delle varie attività. Tuttavia numerose norme in essa contenute esulano dalle competenze attribuite alla Provincia di Bolzano dallo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (dPR n. 670 del 1972) e invadono vari ambiti riservati alla legislazione dello Stato. Esse eccedono, in particolare, dalla competenza concorrente riconosciuta alla Provincia dall’art. 9, n.10), dello Statuto, in materia di “igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera”, nonché dalla più ampia competenza concorrente in materia di “tutela della salute”, riconosciuta alla Provincia in virtù dell’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001(come ribadito dalla Corte Costituzionale da ultimo con la sentenza n. 126 del 2017) e si pongono in contrasto con la disciplina dettata dallo Stato in materia di contenimento e di gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 con il d. l. n. 19 del 2020 e con il dPCM 26 aprile 2020. Violano, pertanto, i principi fondamentali in materia di tutela della salute contenuti in tali provvedimenti statali, e invadono le competenze esclusive statali in materia di profilassi internazionale e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale dei quali tali provvedimenti sono espressione, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. m) e q), e terzo comma, della Costituzione; esse ledono altresì i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui all’art. 118, primo comma, Cost., nonché il principio di leale collaborazione, desumibile dagli artt. 117, 118 e 120 della Costituzione. Inoltre alcune norme della legge provinciale in esame, e in particolare i commi 11, 16, 17, 18, 19, da 21 a 28 e l’All. A II h dell’art. 1, eccedono i limiti delle attribuzioni statutarie anche sotto altro profilo. Se è vero, infatti, che lo Statuto speciale riconosce alla Provincia potestà legislativa primaria nelle materie della tutela del patrimonio storico e artistico, del paesaggio e del turismo, dell’artigianato, dei trasporti di interesse provinciale, nonché della scuola materna e dell’assistenza scolastica (art. 8, primo comma, nn. 3, 4, 6, 9, 18, 20, 26, 27, ), tuttavia tale potestà deve essere esercitata “In armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali (...) nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica” (art. 4, primo comma, dello Statuto, richiamato dall’articolo 8). Nell’ambito delle norme e dei principi ai quali la Provincia autonoma deve attenersi rientrano le disposizioni dettate dal Governo nazionale a difesa del diritto alla salute pubblica in occasione dell’emergenza da Covid-19. Tali disposizioni, infatti, proprio in quanto dirette a contenere la diffusione dell’epidemia, recano misure che devono trovare necessariamente applicazione uniforme sull’intero territorio nazionale, ai sensi dei principi costituzionali sopra menzionati, e si impongono, pertanto, sulla potestà della Provincia Autonoma in ordine ai predetti titoli di competenza. In merito appare opportuno premettere quanto segue: L’art. 117, secondo comma, lett. q), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della “profilassi internazionale”. L’art. 117, terzo comma, attribuisce alla competenza legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni e delle Province autonome la “tutela della salute”. L’art. 118, primo comma, della Costituzione prevede che le funzioni amministrative spettino, rispettivamente, allo Stato o alle Regioni, oltre che alle Province o Città metropolitane (sulla base del c.d. “parallelismo” rispetto alle competenze legislative), quando l’attribuzione di tali funzioni a tali enti, e in particolare allo Stato o alle Regioni, sia necessaria “per assicurarne l’esercizio unitario”. La scelta dell’ente da individuare come competente deve avvenire basandosi sui principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza. Il contenimento dell’epidemia da Covid-19 costituisce esercizio della funzione di garanzia della profilassi internazionale, considerato il carattere mondiale del fenomeno. Ciò rende imprescindibile la competenza statale accentrata in materia, alla luce dei riferimenti costituzionali sopra evidenziati. Il carattere appena indicato, inoltre, rende evidente che sussiste l’esigenza di esercizio unitario delle competenze legislative e amministrative necessarie (in tal senso si è espressa anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 5 del 2018). In questo ambito pertanto ragioni sia logiche sia giuridiche rendono necessario un intervento del legislatore statale e le regioni e le province autonome sono vincolate a rispettare ogni previsione contenuta nella normativa statale, incluse quelle che, sebbene a contenuto specifico e dettagliato, per la finalità perseguita si pongono in rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione con i principi di settore (sentenze n. 192 del 2017, n. 301 del 2013, n. 79 del 2012 e n. 108 del 2010). La competenza di “profilassi internazionale” viene inoltre in rilievo ogni volta che determinate misure di sorveglianza sanitaria servano a garantire uniformità anche nell’attuazione, in ambito nazionale, di programmi o raccomandazioni elaborati in sede internazionale e sovranazionale (come più volte affermato dalla Corte costituzionale, sia pure nel settore veterinario: sentenze n. 270 del 2016, n. 173 del 2014, n. 406 del 2005, n. 12 del 2004). I provvedimenti in questione, soprattutto laddove dispongano misure di sorveglianza sanitaria o, comunque, incidano sull’esercizio di diritti civili e sociali del singolo e sull’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, non possono non assicurare la necessaria coerenza con gli indirizzi, i programmi e le raccomandazioni della comunità scientifica nazionale (e internazionale). In altri termini, la gestione dell’emergenza, anche per i possibili riflessi su altri interessi costituzionalmente rilevanti e su altri territori, non può infatti essere rimessa all’iniziativa della singola regione/provincia autonoma, ma deve necessariamente far capo, in termini complessivi e unitari, allo Stato. Questa conclusione, peraltro, va ponderata alla luce dei principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza. In particolare, il principio di sussidiarietà (enunciato per la prima volta - come principio di carattere generale - dal Trattato di Maastricht del 1992 e poi recepito, nella sua accezione “verticale”, prima ancora che dalla riforma costituzionale del 2001, dall’articolo 4, comma 3, della legge n. 59 del 1997 - cd. Bassanini uno) può definirsi come la regola per cui è competente l’ente “più vicino al problema”, intendendosi per “vicinanza” la maggiore idoneità relativa a risolverlo. Nella specie, il carattere globale, e quindi, sicuramente nazionale, del problema, implica che debba indicarsi nello Stato l’ente maggiormente in grado di operare le valutazioni complessive, sia sanitarie che economiche, necessarie a calibrare i provvedimenti di contenimento dell’emergenza. In attuazione di tale principio, oltreché dei principi di differenziazione e adeguatezza di cui all’articolo 118 della Costituzione, le funzioni e le responsabilità devono essere allocate ad un livello capace di garantirne l’efficace espletamento (cfr. Corte cost., 1° ottobre 2003, n. 303). Il radicamento dell’emergenza in particolari aree del territorio rispetto ad altre, giustifica certamente l’intervento anche della Regione e delle Province autonome competenti, ma non attribuisce a queste, per sussidiarietà, il ruolo primario. Ciò che potrebbe apparire utile o opportuno per un determinato territorio, sia dal punto di vista sanitario che dal punto di vista economico, potrebbe infatti rivelarsi pregiudizievole per il restante territorio nazionale. L’approccio al problema anche nelle sue differenziazioni territoriali deve essere in via primaria complessivo, unitario e, quindi, rimesso allo Stato. Pertanto le Regioni e le Province autonome, quali enti titolari del servizio sanitario operante nel loro territorio ed enti esponenziali degli interessi economici radicati nel loro territorio, dovranno intervenire con misure che si pongano in coerenza con i provvedimenti statali. Dovranno, cioè, esercitare i propri poteri in materia sanitaria in modo da non contraddire il contenuto delle misure statali, se del caso specificandole a livello operativo Le dimensioni del fenomeno epidemico che ha rilevanza internazionale e interessa più ambiti territoriali regionali all’interno dell’Italia, rendono infatti le ordinanze regionali di fatto inidonee a rispondere alle esigenze riscontrate (cfr. TAR Calabria, Catanzaro, sentenza 9 maggio 2020, n. 841). I decreti legge e i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che si sono succeduti dall’inizio dell’emergenza sanitaria costituiscono l’esplicazione dei principi costituzionali sopra riportati, che regolano il riparto delle competenze in materia. In particolare, il decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 è frutto dell’esercizio della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di profilassi internazionale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. q), Cost. e della competenza dello Stato, in ambito di legislazione concorrente, relativa alla fissazione dei principi fondamentali nella materia della tutela della salute ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., oltre che della parziale attrazione allo Stato di funzioni amministrative, per la necessità di garantire l’unitaria gestione della situazione di emergenza epidemiologica da COVID-19, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui all’art. 118 Cost. Il carattere globale dell’emergenza impone, infatti, che sia lo Stato il soggetto maggiormente in grado di operare valutazioni complessive del fenomeno, sia in termini sanitari sia in termini economici, adottando i più opportuni e calibrati interventi per gestire la crisi in atto. Il sopravvenire di specifiche situazioni di aggravamento del rischio sanitario sicuramente giustificano l’intervento delle Regioni, ma a queste attribuiscono, in base al principio di sussidiarietà, un ruolo solo integrativo, mai primario. La gestione dell’emergenza, anche per i possibili riflessi su altri interessi costituzionalmente rilevanti e su altri territori, non può quindi essere rimessa all’iniziativa della singola regione, ma deve necessariamente far capo, in termini complessivi e unitari, allo Stato. In particolare, l’art. 2 del citato decreto-legge, intitolato «Attuazione delle misure di contenimento», prevede: «1. Le misure di cui all’articolo 1 sono adottate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale. L’art. 3 del decreto-legge citato stabilisce quanto segue: «1. Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive, tra quelle di cui all’articolo 1, comma 2, esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale. 2. I Sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto cui al comma 1. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente». Dalle norme sopra riportate emerge come tale disciplina abbia attratto allo strumento del decreto del Presidente del Consiglio – nel rispetto, tuttavia, del procedimento di cui al comma 1 dell’articolo 2, ispirato al rigoroso rispetto del principio costituzionale di leale collaborazione – la competenza all’adozione delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica in atto. Competenza che trova la propria giustificazione nell’art. 118, primo comma, Cost.: “il principio di sussidiarietà impone infatti che, trattandosi di emergenza a carattere internazionale, l’individuazione delle misure precauzionali sia operata al livello amministrativo unitario” (così Tar Calabria, Sez. I, sent. del 9 maggio 2020, n. 457), Alla responsabilità delle regioni e delle province autonome resta affidata l’adozione di eventuali misure interinali e di ulteriore profilassi, giustificate da “specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario” a livello locale, da esercitare in via di urgenza e nelle more dell’adozione di un nuovo D.P.C.M. (che, come si appena visto, è strumento che la legge destina anche alla previsione di misure dirette a operare su «specifiche parti del territorio nazionale»). In altre parole, la legittimità di simili interventi da parte di singole regioni è subordinata al ricorrere, cumulativo, delle seguenti condizioni: - che si tratti di interventi “interinali”, ossia destinati a operare nelle more dell’adozione di un (nuovo) D.P.C.M.; - che si tratti di interventi giustificati da «situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario», le quali siano anche «specifiche», ossia proprie della singola regione interessata e tali da differenziare la situazione del territorio regionale (o di una parte di esso) rispetto a quello di altre regioni; - che, conseguentemente, si tratti di misure «ulteriormente restrittive» delle attività sociali e produttive esercitabili nella regione sulla base della normativa emergenziale statale vigente alla data dell’intervento regionale, e non certo tali da consentirne un più libero svolgimento. Si evince chiaramente, come già sopra affermato, che il ruolo delle regioni e delle province autonome è, in questo contesto, integrativo, come chiarito dall’articolo 3 comma 1 del decreto legge n. 19, e che le stesse dovranno intervenire nei modi e nei termini esplicitati dal citato articolo 3. Ogni intervento sia statale sia regionale sia provinciale dovrà comunque ispirarsi al principio costituzionale di leale collaborazione. Per quanto riguarda l’intervento statale, ciò è espressamente previsto dall’art. 2, comma primo, del decreto-legge, allorché consente che i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri siano adottati solo “sentiti” i presidenti delle regioni interessate al fine di prendere in considerazione le istanze e le esigenze del livello di governo regionale/provinciale nella fase di adozione del provvedimento statale, finalizzato, come detto, a garantire la coerente e unitaria gestione dell’emergenza sanitaria in corso. E ciò vale, reciprocamente, anche per gli interventi regionali. Nel momento in cui l’esercizio di tali poteri venga a intrecciarsi con indiscutibili competenze statali, in virtù della costante giurisprudenza della Corte costituzionale, diviene obbligo della stessa regione attenersi al principio di leale cooperazione, e condividere con lo Stato gli interventi che intenda adottare. Con la legge in esame, invece, la Provincia di Bolzano dimostra di non volersi attenere a tale principio di leale collaborazione in quanto detta unilateralmente le misure volte alla ripresa delle varie attività senza attendere le linee guida che saranno adottate in merito dallo Stato sulla base delle direttive del comitato tecnico -scientifico, nonché delle indicazioni e dei protocolli per la sicurezza dei lavoratori che saranno espressi dagli organismi competenti. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, si indicano di seguito le disposizioni della legge provinciale in esame che si pongono in contrasto, in violazione dei principi costituzionali sopra elencati, con le prescrizioni del d. l. n. 19 del 2020 e del DPCM 26 aprile 202, finalizzato, come detto, a garantire la coerente e unitaria gestione dell’emergenza sanitaria in corso, completando e attuando, come previsto dal menzionato decreto legge n. 19 del 2020, in base al principio di sussidiarietà, le misure volte a fronteggiare l’emergenza COVID-19. In particolare: 1) L’articolo 1, comma 6, prevede che “Gli spostamenti all’interno del territorio provinciale e, previa intesa con la Provincia autonoma di Trento, nel territorio trentino, sono liberi e non necessitano di autocertificazione o di motivazione, mentre si può uscire dalla Regione solo per ragioni di lavoro, di studio, di salute, per incontrare il proprio compagno o la propria compagna o i propri familiari”; al contrario, l’articolo 1, comma 1, lett. a) del menzionato DPCM 26 aprile 2020 consente solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute; si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie. Inoltre, le disposizioni statali consentono gli spostamenti verso una regione diversa da quella in cui ci si trovi solo per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute. 2) l’articolo 1, comma 8, nella parte in cui prevede che l’attività ludica venga svolta con le medesime modalità di sicurezza in parchi e aree verdi (bambini accompagnati e rispetto delle misure igienico-sanitarie) si pone in contrasto con l’articolo 1, comma 1, lett.f), del DPCM 26 aprile 2020 che non consente di svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto. 3) L’articolo 1, comma 11, prevede che, con ordinanza del Presidente della Provincia, sia possibile autorizzare lo svolgimento di eventi o manifestazioni pubbliche, comportanti la partecipazione di più persone, tra i quali potrebbero rientrare, in astratto, anche eventi o manifestazioni di carattere culturale, inclusi gli spettacoli teatrali o le rassegne cinematografiche. Tale disposizione si pone in contrasto con quanto disposto dall’articolo 1, comma 1, lett. i), del DPCM 26 aprile 2020, che sospende tutte le manifestazioni con la presenza di pubblico. E’, inoltre, stabilito nel medesimo comma 11 che, per quanto riguarda le manifestazioni a carattere religioso come le messe, il Presidente emanerà un’apposita ordinanza. Al riguardo, si evidenzia che, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, solo nelle more dell’adozione dei DPCM e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive, esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale. 4) L’articolo 1, comma 12, che prevede che tutte le attività economiche debbano assicurare: - adeguato rapporto superficie/persone con distanziamento sociale di almeno due metri ;- ingressi dilazionati; - misure di cui all’allegato A della legge, si pone in contrasto con l’art. 2, comma 6, del DPCM 26 aprile 2020, che richiede per le attività economiche il rispetto dei contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali di cui all’allegato 6, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del covid-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le parti sociali, di cui all’allegato 7, e il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del covid-19 nel settore del trasporto e della logistica sottoscritto il 20 marzo 2020, di cui all’allegato 8. 5) L’articolo 1, comma 13, prevede la riapertura delle attività commerciali al dettaglio a decorrere dall’entrata in vigore della legge, a condizione del rispetto delle misure di sicurezza di cui al comma 12. Tale previsione si pone in contrasto con l’articolo 1, comma 1, lett. z), del DPCM 26 aprile 2020, che dispone la sospensione delle attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell’allegato 1, sia nell’ambito degli esercizi commerciali di vicinato, sia nell’ambito della media e grande distribuzione, anche qualora sia ricompresa nei centri commerciali. 6) L’articolo 1, comma 14, prevede la riapertura delle attività inerenti i servizi alla persona (parrucchieri, barbieri, estetisti) a decorrere dall’11 maggio 2020, a condizione del rispetto delle misure di sicurezza di cui al comma 12. Tale previsione si pone in contrasto con l’articolo 1, comma 1, lett. cc), del DPCM 26 aprile 2020, che dispone la sospensione delle attività inerenti servizi alla persona (fra cui parrucchieri, barbieri, estetisti) diverse da quelle individuate nell’allegato 2 allo stesso DPCM. 7) L’articolo 1, comma 15, prevede la riapertura dei servizi di ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande a decorrere dall’11 maggio 2020, a condizione del rispetto delle misure di sicurezza di cui al comma 12. Tale previsione si pone in contrasto con l’articolo 1, comma 1, lett. aa), del DPCM 26 aprile 2020 che dispone la sospensione delle attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie); 8) L’articolo 1, comma 16, prevede la ripresa delle attività artistiche e culturali compresi i musei, le biblioteche e i centri giovanili a decorrere dall’11 maggio 2020, a condizione del rispetto delle misure di sicurezza di cui al comma 12. Tale previsione si pone in contrasto con l’articolo 1, comma 1, lett. j), del DPCM 26 aprile 2020, che dispone la sospensione dei servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all’art. 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio e al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; Tali norme riguardanti in particolare la tutela del patrimonio storico e artistico, del paesaggio e del turismo, eccedono dai limiti imposti alla Provincia dallo Statuto speciale, che, all’art. 8, primo comma, nn. 3, 6 e 20, riconosce alla Provincia potestà legislativa in tali materie purché sia esercitata “In armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali (...) nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica” (art. 4, primo comma, dello Statuto, richiamato dall’articolo 8). 9) L’articolo 1, comma 17, stabilisce che, a partire dal 25 maggio, riprendano piena attività le strutture ricettive ubicate sul territorio provinciale e le attività turistiche. Tale disposizione si pone in contrasto con l’articolo 2, comma 1, del DPCM citato, laddove, nel consentire lo svolgimento di alcune attività indicate nell’allegato 3, non ricomprende le strutture ricettive, quali ad esempio agriturismi, campeggi ecc. 10) L’articolo 1, comma 18 prevede che, a partire dal 25 maggio 2020, riprendano l’attività gli impianti a fune, anche a uso turistico-ricreativo. Ciò si pone in contrasto con l’articolo 1, comma 1 lett. h), che dispone la chiusura degli impianti nei comprensori sciistici fino al 17 maggio 2020. 11) L’articolo 1, comma 19, nella parte in cui prevede la ripresa di tutte le attività produttive, industriali, artigianali e commerciali esercitate sul territorio provinciale a decorrere dall’entrata in vigore della legge, a condizione del rispetto dei protocolli allegati al DPCM 26 aprile 2020. Tale previsione si pone in contrasto con l’art. 2 del citato DPCM che dispone la sospensione sull’intero territorio nazionale di tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 3. Essa si pone inoltre in contrasto, come descritto al punto 4), con l’art, 1, comma 1, lett. z),del citato DPCM, che dispone la sospensione delle attività commerciali di dettaglio. 12) L’articolo 1, commi da 21 a 23, prevede la ripresa dei servizi educativi per l’infanzia dal 18 maggio 2020. L’assessore provinciale competente stabilisce tempistiche e modalità di riapertura dei singoli servizi. Sono inoltre dettate le condizioni poste al gestore per la ripresa dell’offerta dei servizi per l’infanzia. Tali previsioni si pongono in contrasto con l’articolo 1, comma 1, lettera K), del citato DPCM che prevede la sospensione dei servizi educativi per l’infanzia. 13) L’articolo 1, comma 24, prevede che a decorrere dal decimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge e fino al termine delle attività formative nelle scuole dell’infanzia e delle lezioni nelle scuole è possibile offrire un servizio di emergenza per i bambini che frequentano le scuole dell’infanzia e la scuola primaria. La giunta provinciale stabilisce le tempistiche e le modalità di attivazione del servizio. Il comma 25 specifica che tale servizio è progettato e realizzato dalle scuole dell’infanzia e dalle scuole primarie e il comma 26 detta le condizioni di sicurezza alle quali è subordinato il suo lo svolgimento. Il comma 27 aggiunge che tale servizio di emergenza può essere frequentato anche da bambini di tutti i gradi di scuola che, in base al loro handicap, possono essere accompagnati da collaboratori di integrazione. Il comma 28 stabilisce che le scuole possano offrire attività di consulenza per l’apprendimento in presenza agli alunni che dovranno sostenere l’esame di Stato e che le scuole professionali possano organizzare i tirocini prescritti per i conseguimento della qualifica professionale. La norma indica poi le condizioni di sicurezza alle quali è subordinato lo svolgimento di tali attività. Tali commi 24, 25, 26, 27 e 28 contrastano con l’art. 1, comma 1, lett. K, del dpcm del 26 aprile 2020, che stabilisce la sospensione di tutti i servizi educativi per l’infanzia e le attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado. 14) L’articolo 1, comma 30, prevede la possibilità che siano svolte le procedure concorsuali pubbliche e private, a condizione di garantire la distanza di sicurezza di un metro e l’obbligo di copertura di naso e bocca. Tale previsione si pone in contrasto con l’articolo 1, comma 1, lettera q), del citato DPCM che dispone la sospensione delle procedure concorsuali private ad esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati è effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero con modalità a distanza; per le procedure concorsuali pubbliche resta ferma la sospensione delle prove concorsuali fino al 16 maggio 2020 (prevista dall’art. 87, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e dall’art. 4 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22). 15) L’art. 1, comma 31 prevede lo svolgimento degli esami di idoneità da espletarsi presso gli uffici della motorizzazione civile a condizione che sia rispettata la distanza di sicurezza di un metro e l’obbligo di copertura di naso e bocca. Tale previsione si pone in contrasto con l’articolo 1, comma 1, lettera v), del citato DPCM che dispone la sospensione degli esami di idoneità di cui all’art. 121 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, da espletarsi presso gli uffici periferici della motorizzazione civile. 16) L’articolo 1, comma 34, dispone che “in relazione alle misure previste dalla presente legge le sindache e i sindaci altoatesini, nell’ambito delle proprie competenze, possono adottare misure ulteriori e più restrittive, in ragione delle situazioni di rischio rilevate”. Il DPCM 26 aprile 2020 contempla, invece, due soli casi in cui misure più restrittive possono essere adottate dai sindaci: alla lettera d) dell’articolo 1, comma 1, nell’ambito del divieto di assembramento in luoghi pubblici o privati, e alla lettera e) del medesimo comma, in relazione all’accesso a parchi, ville, giardini pubblici per la temporanea chiusura di specifiche aree. Inoltre, il decreto legge n. 19 del 2020, all’articolo 3, prevede, al comma 2, che i sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto di cui al comma 1 del medesimo articolo. 17) L’articolo 1, comma 37, prevede che la sospensione delle attività produttive, industriali, artigianali, anche per violazione delle misure di cui all’allegato A) della legge provinciale, venga disposta per 10 giorni dal Presidente della Provincia. Tale disposizione si pone in contrasto con l’articolo 2, comma 6, del DPCM, che prevede che la mancata attuazione dei protocolli, che non assicuri adeguati livelli di protezione, determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza. 18) L’articolo 2 della legge della provincia di Bolzano istituisce una Commissione di esperti, quale organo tecnico consultivo con il compito di monitorare l’andamento della curva del contagio del virus SARS-COV-2, di proporre misure di riduzione del rischio contagio e di adottare idonei provvedimenti, in caso di ripresa del numero dei contagi. La Commissione in questione può elaborare principi e parametri per il monitoraggio del rischio di contagio ulteriori rispetto a quelli previsti nell’allegato 10 del DPCM 26 aprile 2020. Ciò, si pone in contrasto con l’articolo 2, comma 11, del medesimo DPCM, secondo il quale l’aggravamento del rischio sanitario va individuato oltreché secondo i principi per il monitoraggio del rischio sanitario di cui all’allegato 10, anche secondo i criteri stabiliti dal Ministro della salute con il decreto 30 aprile 2020. 19) Le previsioni di cui all’allegato A II h (“Misure specifiche per i trasporti” ) si pongono in contrasto con quelle individuate nell’allegato 8 al DPCM del 26 aprile 2020 dal momento che: - La predeterminazione del carico massimo della capacità di trasporto del mezzo desumibile dalla carta di circolazione nella misura del 60%, non appare idoneo a garantire la distanza interpersonale di almeno un metro richiesta dall’allegato 8 citato, che, proprio al fine di assicurare il rispetto di tale distanza e conseguentemente la tutela della salute, prevede la possibilità di contingentamento dei biglietti; - Introduce espressamente un’ipotesi, non prevista dall’allegato 8 citato, in cui è autorizzato il mancato rispetto della distanza interpersonale di un metro “se i sedili sono disposti nella stessa direzione”. Per i motivi esposti le norme regionali sopra indicate debbono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’art. 127, della Costituzione. |