Dettaglio legge regionale

Dettaglio legge regionale
Titolo Piano faunistico-venatorio regionale (2022-2027) e modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna e per il prelievo venatorio”.
Regione Veneto
Estremi Legge n. 2 del 28-01-2022
Bur n. 16 del 01-02-2022
Settore Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. 31-03-2022 / Non impugnata
La legge regionale, che disciplina l’approvazione del Piano faunistico-venatorio regionale per gli anni 2022-2027 e apporta modificazioni alla previgente normativa regionale in materia di protezione della fauna e per il prelievo venatorio (legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50) è censurabile relativamente alle disposizioni di seguito indicate che, per i motivi sotto illustrati, si pongono in contrasto con quanto previsto dalla normativa nazionale di riferimento in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio contenuta nella legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, concernente «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», disciplina contenente, come affermato da costante giurisprudenza Costituzionale, il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, il cui rispetto deve essere assicurato sull’intero territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione.
1. Con l’articolo 1 della legge regionale in esame viene approvato il Piano faunistico-venatorio regionale (2022-2027) che risulta costituito da documenti allegati alla stessa legge regionale, della quale costituiscono parte integrante, e precisamente:
a) regolamento di attuazione, ivi compresi Statuti tipo di Ambiti territoriali di caccia e Comprensori alpini (Allegato A);
b) cartografie che individuano la con terminazione della Zona faunistica delle Alpi e del territorio lagunare e vallivo, gli Ambiti territoriali di caccia e i Comprensori alpini (Allegato B);
c) relazione al Piano faunistico-venatorio regionale, comprensiva di cartografie identificative degli istituti di protezione della fauna selvatica corredate da report analitico e da tabella di sintesi recante la individuazione del territorio agro-silvo-pastorale (TASP) e la percentuale di territorio di protezione della fauna selvatica (Allegato C);
d) rapporto ambientale (Allegato D);
e) rapporto ambientale - valutazione di incidenza ambientale (Allegato E);
f) rapporto ambientale - sintesi non tecnica (Allegato F);
g) parere della Commissione regionale valutazione ambientale strategica n. 152 del 1° luglio 2021 corredato da relazione istruttoria tecnica per la valutazione di incidenza (VINCA) datata 1° luglio 2021 e da scheda con il parere relativo alle osservazioni (Allegato G).
La disposizione regionale ed i documenti da essa richiamati presentano aspetti di illegittimità costituzionale.
Va in primo luogo osservato che il Piano faunistico-venatorio regionale del Veneto 2022-2027 è stato approvato con legge regionale, con conseguente violazione dell’articolo 10, comma 13, della legge 157/1992. Infatti l’articolo 10, comma 13 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 prevede che i piani faunistico venatori siano approvati con deliberazione.
Si rappresenta che sotto il profilo procedimentale/istruttorio, l’articolo 10, comma 10 della legge n. 157/1992, prevede che le Regioni attuino la pianificazione faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani provinciali, secondo i criteri indicati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Il successivo comma 13 dello stesso articolo 10, prevede, altresì, che “la deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare, come indicato al comma 8, lettere a), b) e c), deve essere notificata ai proprietari o conduttori dei fondi interessati e pubblicata mediante affissione all’albo pretorio dei comuni territorialmente interessati”.
L’importanza della pianificazione viene in rilievo anche dalla considerazione dell’articolo 18 della stessa legge n.157/1992, che individua le specie cacciabili e i periodi in cui è autorizzata l’attività venatoria rispetto a ciascuna di esse e che dispone che le Regioni possono modificare i termini di autorizzazione, ma solo previa acquisizione del parere dell’ISPRA e dopo aver predisposto i piani faunistico-venatori, nel cui rispetto vengono elaborati e pubblicati il calendario regionale e il regolamento relativi all’intera annata venatoria, sentito l’ISPRA.
Si tratta di un’attività procedimentale articolata e complessa che include più momenti di interlocuzione tecnica con l’ISPRA e che presuppone l’adozione e il rispetto della pianificazione faunistica, culminando con l’adozione dei provvedimenti amministrativi che disciplinano l’esercizio dell’attività venatoria, nel rispetto dell’esigenza di assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili.
La “modalità tecnica del provvedere” imposta dal legislatore nazionale, include, quindi, quale momento ineliminabile, la pianificazione faunistica e assicura garanzie procedimentali (di cui è espressione anche l’acquisizione dei pareri) funzionali all’equilibrio degli interessi in gioco, esprimendo una regola di tutela ambientale inderogabile per le Regioni (Corte Cost. sentenza n. 139 del 2017).
Tali norme statali assicurano, così, le “garanzie procedimentali per un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco, da soddisfare anche attraverso l’acquisizione di pareri tecnici”, con conseguente divieto per la Regione di ricorrere ad una legge-provvedimento (Corte Cost. sentenza n. 139 del 2017). In altri termini, “siamo in presenza di un’attività discrezionale della pubblica amministrazione, cui la legge statale espressamente riserva tale competenza” (Corte Cost. sentenza n. 10 del 2019).
Come detto, il Piano faunistico-venatorio regionale 2022-2027 è stato dalla Regione Veneto invece approvato con la legge regionale in esame, in luogo del previsto provvedimento deliberativo di cui al dinanzi citato comma 13, articolo 10, legge n. 157 del 1992 e si pone, pertanto, in contrasto con la previsione normativa statale interposta: si richiama sul punto quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 174 del 2017, con la quale il Giudice delle leggi ha escluso il ricorso alla legge-provvedimento ai fini dell’approvazione di disposizioni tipiche del piano faunistico-venatorio. In detta sentenza, infatti, viene affermato : “Questa Corte, nello scrutinare norme di leggi regionali che prevedevano l’arco temporale durante il quale svolgere l’addestramento e l’allenamento dei cani da caccia, ha costantemente affermato che gli artt. 10 e 18 della legge n. 157 del 1992 rimettono la definizione di tale arco temporale al piano faunistico-venatorio. Tali norme statali assicurano, così, le «garanzie procedimentali per un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco, da soddisfare anche attraverso l’acquisizione di pareri tecnici», con conseguente divieto per la Regione di ricorrere ad una legge-provvedimento (sentenza n. 139 del 2017; nello stesso senso, sentenza n. 193 del 2013).”

2. Alcune previsioni contenute nell’allegato A alla legge regionale, che riporta il regolamento di attuazione del Piano Faunistico Venatorio e che costituisce parte integrante della legge regionale, risultano non in linea con le previsioni di principio contenute nella legge quadro n. 157 del 1992, determinando un vulnus agli standard di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema dettati dalla legge stessa andando così a violare l’articolo 117, secondo comma lettera s) della Costituzione. In particolare:
2.1 La disposizione contenuta nell’articolo 6 introduce dei limiti al diritto sancito dalla legge statale, riconosciuto a proprietari e conduttori di fondi, di poter chiedere il divieto di caccia nel proprio terreno; in particolare prevede il limite dell’1% del territorio agro-silvo-pastorale provinciale oggetto di divieto di caccia da parte dei privati e crea delle discriminazioni tra categorie di cittadini che vogliono avvalersi di tale diritto. Il comma 5 di detto articolo 6 prevede infatti che: “5. In ogni caso il territorio agro- silvo -pastorale provinciale oggetto di sottrazione agli effetti del presente articolo deve essere contenuto nella percentuale massima dell’uno per cento.” Risulta dunque indebitamente limitato il diritto sancito dall’articolo 15, comma 3, della legge n. 157 del 1992 secondo cui: “3. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico- venatorio, al presidente della giunta regionale richiesta motivata che, ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dalla stessa è esaminata entro sessanta giorni.” Considerato quindi che, ai sensi del comma 4 dello stesso articolo 6, viene comunque fatta una scrematura dei singoli casi, che vengono accolti solo se vengono rispettate le condizioni poste dal comma 2 e solo se “le richieste non ostacolino comunque la pianificazione faunistico-venatoria”, il limite posto dell’1% risulta violare il diritto di quei cittadini che si trovassero in una posizione di graduatoria tale da eccedere il suddetto limite dell’1%.
Il comma 9 dell’articolo 6 prevede inoltre che: “9. Eventuali domande relative ad attività di agriturismo, fattorie didattiche o fattorie sociali pervenute dopo i termini fissati, potranno essere valutate annualmente.” Anche questa disposizione è suscettibile di determinare discriminazioni nei confronti di taluni soggetti che si troverebbero nelle condizioni di dover aspettare la conclusione quinquennale del piano prima di poter far valere il proprio diritto.
La diposizione regionale in argomento viola quindi il richiamato articolo 15, comma 3 della legge n. 157 del 1992, che costituisce norma interposta nella violazione dell’articolo 117, secondo comma lettera s) della Costituzione, oltre a risultare discriminatoria e violare così l’articolo 3 della Costituzione.
2.2 La disposizione contenuta nell’articolo 8, comma 1, lettere c) e d), prevede la possibilità di esercizio venatorio da appostamento anche da imbarcazioni ormeggiate e/o ancorate. Il successivo comma 2 del medesimo articolo 8 recita: “ E’ altresì consentito l'esercizio venatorio da appostamento, anche se diverso da quelli indicati al comma 1, con carattere di temporaneità quale il natante a remi o con motore fuoribordo, saldamente ancorato a palo o altro elemento fisso e stabile per tutta la durata dell'attività venatoria: il recupero della fauna abbattuta potrà essere effettuato utilizzando il medesimo natante, con arma scarica e riposta nel fodero, mentre l'eventuale recupero dei capi feriti ( c.d. “ribattuta”) potrà avvenire osservando le stesse disposizioni previste per l'esercizio venatorio al precedente capoverso ossia con natante saldamente ancorato a palo o altro elemento fisso e stabile per tutta la durata dell'attività di recupero del singolo capo ferito”.
Tali previsioni risultano in contrasto con l’articolo 21, comma 1 - lett. i), della L. 157/92 che prevede il divieto di: “cacciare sparando da veicoli a motore o da natanti o da aeromobili.” La violazione di detta disposizione statale è peraltro penalmente sanzionata ai sensi dell’art art. 30, comma 1, lett. i) della stessa legge 157/92. La violazione di tali citate norme interposte comporta il contrasto con l’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Si ricorda in proposito che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 174/2017, chiamata a decidere su analoga norma della stessa Regione Veneto, ne ha affermato l’illegittimità costituzionale per la violazione dei sopra richiamati parametri, richiamando anche propria precedente giurisprudenza
(sentenze di questa Corte n. 139 del 2017 e n. 2 del 2015) con la quale si ribadisce che l'attività di recupero della fauna selvatica con l'utilizzo delle armi costituisce esercizio venatorio ed è perciò soggetta ai limiti e alle garanzie previste dalla legge statale n. 157 del 1992, che stabilisce un livello uniforme di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
2.3 Analoghe considerazioni valgono per la disposizione contenuta nell’articolo 10, comma 1, del medesimo allegato A alla legge regionale, che recita: “1. Nel territorio lagunare e vallivo del Veneto è ammesso l’uso della barca a motore quale mezzo di trasporto per raggiungere e per ritornare dagli appostamenti di caccia. E’ altresì ammesso l'uso della barca per il recupero della fauna selvatica ferita o abbattuta; il recupero è consentito anche con l'ausilio del cane ed entro un raggio non superiore ai duecento metri dall’appostamento.”
L'articolo 28, comma 2 (primo capoverso), della L. 157/92 dispone: “Nei casi previsti dall’articolo 30, gli ufficiali e gli agenti di Polizia che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati.”
Il legislatore nazionale ha pertanto ricompreso nei mezzi di caccia i cani, limitandosi ad escludere l'obbligo del sequestro penale da parte degli ufficiali e agenti, che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, nei casi espressamente indicati dall'articolo 30 della L. 157/92. Anche la sentenza n. 95/1995 della Corte Costituzionale (riferita alla L.R. Veneto 50/1993) ha qualificato i cani come “mezzi ausiliari all'esercizio della caccia”.
Pertanto anche la norma regionale sopra indicata, permettendo il recupero della fauna abbattuta o ferita, con l'utilizzo di una barca e con l'ausilio del cane, legittima forzosamente l'esercizio venatorio mediante l'utilizzo di un natante, in contrasto con le norme appena citate della legge n. 157/92 e ribadita dalla sentenza n. 174/2017 della Consulta. Anche in questo caso si evidenzia la violazione dell’articolo 117, secondo comma lettera s) della Costituzione che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

3. Pur dovendo ritenersi la caccia materia affidata alla competenza legislativa residuale della Regione ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione, è tuttavia necessario che la legislazione regionale rispetti la normativa statale adottata in tema di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ove essa esprime regole minime uniformi (ex plurimis, Corte Cost. sentenze n. 2 del 2015, n. 278 del 2012, n. 151 del 2011 e n. 315 del 2010) costituenti, come nel caso della legge n. 157 del 1992, il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, il cui rispetto deve essere assicurato sull’intero territorio nazionale. Ciò premesso, l’allegato C alla legge regionale - che riporta la relazione al Piano faunistico-venatorio regionale, comprensiva di cartografie identificative degli istituti di protezione della fauna selvatica corredate da report analitico e da tabella di sintesi recante la individuazione del territorio agro-silvo-pastorale (TASP) e la percentuale di territorio di protezione della fauna selvatica- risulta privo di alcuni elementi essenziali, in base a quanto disposto dalla legge n. 157 del 1992, nell’ambito della pianificazione faunistico venatoria, determinando così un vulnus agli standard di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e quindi la violazione dell’articolo 117, secondo comma lettera s) della Costituzione, poiché tendente a ridurre in peius il livello di tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione nazionale, invadendo illegittimamente la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia, confliggendo, altresì, con il principio di “buon andamento dell'amministrazione” sancito dall’art. 97 Cost.
In particolare il Piano Faunistico venatorio, approvato dalla legge regionale in esame con i relativi allegati che del piano stesso costituiscono parte integrante, presenta aspetti di illegittimità costituzionale in quanto:
- omette di identificare le zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi, in violazione dell’articolo 10, comma 8, della legge n. 157 del 1992;
- omette di proteggere le rotte migratorie attraverso il divieto di caccia nel raggio di in mille metri dai valichi montani, come previsto dall’articolo 21, comma 3, della legge n. 157 del 1992;
- non attua le prescrizioni di cui alla Valutazione d’incidenza (VincA), circa la necessità di “precludere il prelievo venatorio nelle aree in cui sono previsti interventi di mitigazione/compensazione di cui all'articolo 6 (4) della direttiva 92/43/Cee e nell'intorno di 4 chilometri da queste a carico delle specie di interesse comunitario aventi rilevanza venatoria dalla fase di avvio della misura e fino al raggiungimento dell’obiettivo di conservazione fissato dalla medesima, sulla base di una specifica comunicazione sulla localizzazione delle predette aree da parte dell'Autorità competente per valutazione d'incidenza”. Da ciò ne discende il relativo contrasto con i parametri interposti statali in materia di tutela delle aree protette e di conservazione della biodiversità e la correlata violazione dei precisi obblighi comunitari derivanti dalla Direttiva 92/43/CEE “Habitat” e dalla Direttiva 79/409/CEE “Uccelli” in relazione all’applicazione delle misure di conservazione previste dall’articolo 5, comma 1, lett. a) del decreto ministeriale 17 ottobre 2007, nonché le disposizioni della legge n. 157 del 1992.

Per i motivi esposti, la legge regionale, limitatamente alle norme sopra evidenziate, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.
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