Dettaglio legge regionale
Titolo | Modifica all’articolo 65 della legge regionale 12 giugno 2009, n. 19 (collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2009). |
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Regione | Calabria |
Estremi | Legge n. 28 del 04-08-2022 |
Bur | n. 166 del 04-08-2022 |
Settore | Politiche socio sanitarie e culturali |
Delibera C.d.M. | 28-09-2022 / Non impugnata |
La legge della Regione Calabria n. 28 del 04/08/2022 pubblicata sul B.U.R. n. 166 del 04/08/2022 recante “Modifica all’articolo 65 della legge regionale 12 giugno 2009, n. 19 (collegato alla manovra di finanza regionale, per l’anno 2009) presenta profili di illegittimità costituzionale come di seguito indicato. La legge in esame dispone l’abrogazione del comma 1 dell’art. 65 della L.R. n.19 del 2009 che ha previsto la riduzione del 20% del trattamento economico riconosciuto ai Direttori generali delle aziende sanitarie ed ospedaliere in relazione ai minori introiti derivanti dall’esenzione del pagamento dei ticket, quale misura di sostegno nella partecipazione pubblica alla spesa sanitaria. Ciò premesso la legge regionale in esame nel riportare il trattamento economico dei vertici della sanità al valore originario statuito dal DPCM n.502 del 1995, come modificato dal DPCM n. 319/2001, determina il mancato rispetto delle indicazioni e delle disposizioni dell’Accordo stipulato tra le Regione Calabria e i Ministeri dell’economia e delle Finanze e della Salute per il Piano di rientro dal disavanzo sanitario e per l’effetto la violazione dell’art. 117, terzo comma. In particolare l’articolo 2, contenente la norma finanziaria, presenta profili di illegittimità laddove nello stabilire che “Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge, quantificati in 408.415,35 euro per l’annualità 2022 e in 980.196,83 euro per ciascuno degli esercizi finanziari 2023-2024, si fa fronte con le risorse del fondo sanitario indistinto assegnato dallo Stato a valere sulle risorse relative al finanziamento ordinario corrente per la garanzia dei livelli essenziali di assistenza (LEA) del bilancio di previsione 2022-2024” , autorizza un consistente incremento di spesa nel settore sanitario che è incompatibile con la posizione della Regione, soggetta al Piano di rientro, e con l’impegno, sancito nel piano stesso, di risanare il disavanzo finanziario, come sancito dal principio di coordinamento della finanza pubblica enunciato dall’art. 117 terzo comma della Costituzione. Più in dettaglio la norma regionale censurata, nel prevedere un incremento del trattamento economico in godimento ai vertici delle aziende sanitarie, provocherebbe un incremento degli oneri finanziari, pregiudicando il raggiungimento delle finalità del piano di rientro e dell'obiettivo del riequilibrio economico, in tal modo violando l'art. 117, terzo comma, Cost. in relazione all'art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, e all'art. 2, commi 80 e 95, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», che vieta l'adozione da parte della Regione commissariata di nuovi provvedimenti, anche legislativi, che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro, e per conseguente contraddizione con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza e di tutela della salute. Invero la disposizione regionale in esame nell’autorizzare una spesa annuale di euro 408.415,35 per il 2022 e di euro 980.196,83 per ciascuno degli esercizi finanziari 2023- 2024, si pone in contrasto con l’art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, il quale vieta alle Regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario di effettuare spese non obbligatorie, come appunto quella di cui si discute, e dunque viola il Piano di rientro dal disavanzo sanitario, al quale la Regione è sottoposta. Giova rammentare a tale riguardo che il Piano di rientro, previsto dalla legge in presenza di un disavanzo eccessivo della spesa sanitaria in una determinata Regione, ha lo scopo di fissare l'obbligo giuridico della sua riduzione verso livelli sostenibili, definiti in obiettivi quantitativi e tempi determinati e vincolanti, alla condizione del pieno rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni secondo gli standard acquisiti in campo nazionale; di conseguenza esso persegue contestualmente e paritariamente due ordini di obiettivi, entrambi egualmente vincolanti ed egualmente sottoposti a penetranti controlli nelle sedi nazionali, con conseguenti meccanismi premiali o sanzionatori: a) l'esigenza di ripristinare l'equilibrio economico-finanziario del sistema sanitario regionale interessato; b) la necessità di salvaguardare il pieno rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni secondo gli standard acquisiti in campo nazionale; nella logica della legislazione di risanamento finanziario è quindi chiaro l'ordine sostanziale di priorità e di valore dal momento che la ratio profonda ed essenziale, che anima il procedimento del piano di rientro, è proprio la garanzia del rispetto dei livelli essenziali e la loro sostenibilità nel futuro, ed è a tutela di questo interesse generale e, dunque, a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, soprattutto in prospettiva di tempo, che la legge prescrive il rispetto delle compatibilità finanziarie secondo gli standard di maggiore efficienza e, ove tali compatibilità non siano rispettate, è necessario il contenimento della spesa negli ambiti estranei o eccedenti i livelli essenziali di assistenza; ne consegue che il peso della attuazione del piano di rientro deve ridistribuirsi secondo criteri di massima appropriatezza e di ragionevolezza tra i settori diversi o i profili di spesa considerati in eccesso rispetto ai livelli essenziali, incidendo sui livelli di spesa storica acquisita con riduzione degli andamenti tendenziali. La Corte costituzionale ha altresì più volte affermato che la disciplina dei piani di rientro dai deficit di bilancio in materia sanitaria è riconducibile a un duplice ambito di potestà legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.: tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica (ex plurimis, sentenza n. 278 del 2014). In particolare, ha affermato che costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto stabilito dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, per cui sono vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli accordi previsti dall'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e al ripianamento dei debiti (da ultimo, sentenza n. 227 del 2015). Tali accordi assicurano, da un lato, la partecipazione delle Regioni alla definizione dei percorsi di risanamento dei disavanzi nel settore sanitario e, dall'altro, escludono che la Regione possa poi adottare unilateralmente misure - amministrative o normative - con essi incompatibili (sentenza n. 51 del 2013). Qualora poi si verifichi una persistente inerzia della Regione rispetto alle attività richieste dai suddetti accordi e concordate con lo Stato, l'art. 120, secondo comma, Cost. consente l'esercizio del potere sostitutivo straordinario del Governo, al fine di assicurare contemporaneamente l'unità economica della Repubblica e i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.). A tal fine il Governo può nominare un Commissario ad acta, le cui funzioni, come definite nel mandato conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009), devono restare, fino all'esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali - anche qualora questi agissero per via legislativa - pena la violazione dell'art. 120, secondo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 227 del 2015, n. 278 e n. 110 del 2014, n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e già n. 78 del 2011). Con riferimento al parametro costituzionale violato, va sottolineata la necessità di rispettare il principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica concernente il contenimento della spesa pubblica, a tenore del quale le previsioni del Piano di rientro dal disavanzo sanitario e dei programmi operativi, che del primo costituiscono attuazione e aggiornamento ai sensi dell'art. 2, comma 88-bis, della legge n. 191/2009, sono vincolanti, sia in positivo sia in negativo, per le regioni che li hanno sottoscritti, come disposto dall'art. 2, commi 80 e 95, della medesima legge. Dette regioni, pertanto, si impegnano a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, che siano di ostacolo alla piena attuazione del Piano. Ciò implica che esse non possono adottare nuovi provvedimenti che si frappongano all'attuazione del Piano stesso, come, invece, fa la normativa censurata. Sotto questo profilo la legge regionale de qua, viola l’art. 117, terzo comma, della Costituzione in materia di principi di coordinamento della finanza pubblica in quanto la Regione non può legiferare in materia sanitaria in vigenza di un Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che è vincolante per la Regione che lo ha sottoscritto, poiché costituisce un accordo tra Ministeri e regione al fine di rimediare ad una situazione di deficit del sistema sanitario regionale, mediante il contenimento della spesa pubblica, ma garantendo allo stesso tempo la tutela dei livelli essenziali di assistenza e, in tal senso, le sue previsioni si pongono, per costante orientamento giurisprudenziale, come principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica. In materia di divieto alle regioni, impegnate in percorsi di risanamento dei disavanzi nel settore sanitario, di adottare unilateralmente, in via amministrativa e legislativa, misure incompatibili, in quanto il contrasto con i piani di rientro costituisce violazione con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, l’orientamento della Corte costituzionale è consolidato e le pronunce copiose (ex plurimis, sent. 266/2016; n. 123/2011; n. 91/2012; n. 227/2015; n.163/2011; n.193/2007). Sulla natura di principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica di quanto sancito dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, ex plurimis, sent. n. 278/2014, 110/2014, 85/2014, 180/2013 e 104/2013. A tale specifico riguardo va rilevato che la giurisprudenza della Corte Costituzionale è ferma nel ritenere che il parametro dell'armonizzazione dei bilanci «per effetto delle strette interrelazioni tra i principi costituzionali [...] è servente al coordinamento della finanza pubblica, dal momento che la sincronia delle procedure di bilancio è collegata alla programmazione finanziaria statale e alla redazione della manovra di stabilità, operazioni che presuppongono da parte dello Stato la previa conoscenza di tutti i fattori che incidono sugli equilibri complessivi e sul rispetto dei vincoli nazionali ed europei» (sentenza n. 184 del 2016). Secondo la richiamata giurisprudenza costituzionale, la mancata considerazione degli oneri a regime vale a rendere la legge costituzionalmente illegittima per mancanza di copertura non soltanto se si tratta di spese obbligatorie, ma anche se si tratta di oneri solo "ipotetici". In proposito, la Corte costituzionale ha osservato che «ogniqualvolta si introduca una previsione legislativa che possa, anche solo in via ipotetica, determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per farvi fronte» (ex multis, sentenze n. 163 del 2020 e n. 307 del 2013). In tal senso, già l'art. 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) stabilisce che le leggi e i provvedimenti che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche devono contenere la previsione dell'onere stesso e l'indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali. Alla luce di quanto sopra rappresentato e del quadro normativo statale richiamato, deriva che la norma di legge regionale sopra indicata, ponendosi in contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica, in relazione alla violazione dei limiti di spesa imposti dall'art. 11 del d.l. n. 35 del 2019, configura una violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, A tali elementi, legati ad un profilo più prettamente sostanziale della suddetta disposizione, si aggiunge poi l’argomento formale legato all’iter procedurale seguito dalla Regione Calabria per l’approvazione e la promulgazione della legge regionale de quo, evidenziandosi a tale specifico riguardo che il relativo disegno di legge non risulta essere stato regolarmente trasmesso ai Ministeri affiancanti in sede di valutazione preventiva. L’affiancamento in parola, assicurato dal Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nell’ambito del Sistema nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria (SiV eAS) si espleta, infatti anche attraverso attività relative la preventiva approvazione dei provvedimenti predisposti dalle singole Regioni in attuazione di quanto previsto nei rispettivi Piani di Rientro dal disavanzo sanitario. Alla luce di quanto sopra illustrato, si ritiene che ricorrano i presupposti per l’impugnativa, davanti alla Corte costituzionale ex art. 127 della Costituzione, dell’art. 2 della legge in esame in quanto la Regione Calabria è sottoposta al Piano di rientro dal disavanzo sanitario ed è soggetta a commissariamento per l’attuazione del medesimo, ai sensi dell’art. 120 della Costituzione e, pertanto la suddetta norma si pone in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, poiché le disposizioni del Piano di rientro dal disavanzo sanitario (accordo del 17/12/2009) si configurano, per costante orientamento giurisprudenziale, quali principi fondamentali della legislazione statale diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, sono espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica. La legge, pertanto, va impugnata, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, come sopra indicato. |